aria magazine

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[it]è uscita in edicola una nuova rivista.
si chiama “aria”. ho avuto il piacere di realizzare la copertina e un servizio interno.
piacere ancora maggiore è stato sposare le mie immagini con un testo, che la redazione della rivista ha avuto la benevolenza di pubblicare.
questo il testo:

“amo i posti squallidi.
ovviamente, come tutti, godo molto di più dei posti lussuosi, degli alberghi a cinque stelle, del servizio in camera efficiente, dei bagni con gli accappatoi bianchi e profumati, e così via…
come tutti.
però una cosa è ciò che a tutti piace, una cosa è capire e godere cosa piace a noi, intimamente, profondamente.
a volte bisogna lasciarsi andare, non percorrere strade già conosciute, emozionarsi di quelle emozioni che apparentemente ci sembrano estranee, ma che in fondo scopriamo essere il nostro vero io.
léggere le parole come su una lavagna scritta davanti a noi.
guardare le immagni, e i gesti che di fronte ai nostri occhi distratti si creano: in fondo il difficile non diventa creare, ma il difficilissimo è leggere quello che è già scritto.
diceva santagostino “age quod agis”, “diventa quello che sei”: noi abbiamo già le risposte, mentre spesso quello che buttiamo sul tavolo davanti a noi, come quattro assi di un poker impazzzito, sono solo domande.
quindi amo i posti squallidi.
amo le pensioni ad una stella.
amo questi luoghi sospesi nel nulla, dove il nulla è l’unica realtà.
uno di quelli che amo maggiormente si chiama “pensione sabotino”, ed è proprio sopra il mio studio, all’ultimo piano.
la proprietaria è una simpatica signora di origini romane, e, qui in porta romana, a milano, ha ritagliato una propria romanità.
si cucina le puntarelle, la coda alla vaccinara, la salsiccia, il tutto nella cucina che affaccia sulla reception. insomma…reception è un parolone, è un banco dove troneggia soprattutto una televisione sempre accesa su rete 4. a volte italia uno.
gli odori di aglio e pecorino si diffondono per tutta la pensione, impregnando i vestiti di muratori bergamaschi, modelle brasiliane, gigolò italiani.
la proprietaria si chiama dea.
dopo pranzo va a fare la pennichella, o meglio pennica, come dice lei.
dea non esce quasi mai dalla pensione, ogni tanto, tipo una volta al mese, scende i cinque piani e va dal parrucchiere.
nella pensione sabotino ho ambientato la mia storia fotografica.
io faccio il fotografo di moda, e solo e soprattutto con le immagini riesco a raccontare storie ed emozioni.
ho chiamato l’agenzia fashion, dove lavora la mia amica audina.
è una ragazza dolce e simpatica con bellissimi occhi grandi.
le ho chiesto di mandarmi mercedes, una ventenne americana, con la quale ho già lavorato, e che ricordavo bene per le dolcezza e l’assenza totale di timidezza.
ovviamente non è la prima volta che fotografo nella pensione sabotino. ma tutte le altre volte ho sempre fatto servizi di moda. più o meno strani, più o meno commerciali.
la prima ed più evidente caratteristica dei servizi fotografici di moda è che la modella si deve cambiare più volte di abito, affinchè vengano mostrati diversi “outfit”, come dicono quelli che se ne intendono. più vestiti si vedono e più il cliente o la redattrice sono contenti.
in questo caso però volevo evitare questa consuetudine, per dare una maggiore verità ed autenticità al servizio: è chiaro che se una fanciulla va in un posto e ci sta un pomeriggio, non si cambierà l’abito dieci volte.
al massimo se lo toglie, e rimane con un autoreggente anni venti.
è quello che volevo che succedesse nella mia storia.
quindi elena veste mercedes solo per con un vestito. quello giusto.
è freddo, mercedes vestita con un vestitino a pois che nasconde un autoreggente, sale i cinque piani che portano alla pensione sabotino.
piove, e fuori una milano fredda e triste osserva indifferente la scena.
lei arriva, si spoglia, e non solo delle sue illusioni.
ricorda, sente una canzone dentro di sé.
c’è un mondo là fuori, ma lei è in questa nuvola sopra milano che è la pensione sabotino. è lontana da tutto e da tutti.
le lacrime la sorpendono più della pioggia che ricomincia a scendere.
rimanere in quella piccola stanza, per un pomeriggio o forse per sempre, illudersi che il mondo rimanga fuori, completamente estraneo a questa realtà.
accarezzare l’idea che tutto sia già stato detto.
tutto già fatto.
nulla nuovo.
se non che la nostra mercedes, avventuriera di un pomeriggio di pioggia, rimanga a piangere delle proprie emozioni nella stanza numero 12 della pensione sabotino in porta romana a milano.
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  1. Alex

    Hai scritto delle frasi bellisime e toccanti, spero profondamente rappresentino il tuo io perchè mi ha colpito profondamente

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