CRISI

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Quando noi usiamo la parola crisi, lo sappiamo bene, è sempre in una accezione negativa. Ma sappiamo altrettanto bene che l’etimologia di questa parolina (sempre importante l’etimo!) nasconde dentro di sé significati più complessi:

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Semplificando molto diciamo che il significato più allargato della parola crisi possa essere cambiamento.

Ecco, diciamo che sono in crisi.

Mi sono un po’ stancato di servizi fotografici dove ci sono ore di trucco, ore di capelli, luci, styling, ore di photoshop…e alla fine quello che esce è una sorta di illustrazione che con la Fotografia ha poco a che fare. Ha anche poco a che fare non tanto con la Verità assoluta (che sappiamo bene essere lontana parente della fotografia, nonostante si pensi il contrario) ma anche con una sorta di verità approssimativa e soggettiva.

Il fatto è che per giocare a questo gioco è necessario, inevitabilmente, passare attraverso ore di trucco, ore di capelli, ore di styling e ore di photoshop.

Ho voluto allora a provare a cambiare gioco. Ho tirato fuori dall’armadio la Rolleiflex di mio papà, le pellicole in bianco&nero scadute da 10 anni, ho chiesto a una modella normale (Francesca Matisse) di posare per me, alla sola luce di una finestra rivolta a nord: così come facevo a 18 anni, con i miei amici. Dieci minuti, tre rullini da 120. Nessuna idea precostruita, nessuna struttura, nessuna intelaiatura da rispettare.

Ho poi mandato tutto a sviluppare e a stampare su carta baritata a Jacopo.

Ecco, questo il risultato:

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PS:

-è incredibile come una fotografia realizzata con questi ingredienti non voglia nella maniera assoluta l’intervento di photoshop: non cambierei proprio nulla, digitalmente, in questa stampa.

-lo scattare in analogico non è certo un’incredibile eccezione di questi tempi, vedo in molti farlo. permettetemi di dire una cosa, sull’argomento: non è che si scatta in analogico per fare una foto di merda, piena di peli, sporca, mal esposta e mal stampata. capisco che l’errore abbia una sorta di fascino, in tempi di perfezione digitale, ma non è una valida ragione per produrre un prodotto schifoso. vi dò una notizia: una foto di merda, piena di peli, sporca, mal esposta e mal stampata è semplicemente e nulla di più che una foto di merda, piena di peli, sporca, mal esposta e mal stampata. E quella la sanno fare tutti, ma proprio tutti.

-anche scattando in analogico con la macchina fotografica degli anni ’50, con pellicola scaduta da 10 anni rimango sempre lo stesso stronzo di sempre. e, a voi photographers che strapazzate photoshop con le vostre insulse fotografie vi dico: baciatemi il culo!

28 risposte

  1. Rosario

    Considerazione n°1: minchia quant’è bella la foto!
    Considerazione n°2: A chi mi dice: “io questo lo facevo vent’anni fa” io rispondo “e sei un coglione, ti sei sbagliato di vent’anni”
    Considerazione n°3: La tua è una riflessione pacata sulle foto di merda in quanto tali; in fondo, non è colpa di Adobe nè di un sensore se le mie foto sono foto di merda.

    p.s. io il culo non te lo bacio perché è pieno di peli, mal esposto e, con ogni probabilità, espelle merda. Ti stimo.

  2. Michele

    La foto è davvero bella e da tuo estimatore mi auguro che tu possa cambiare gioco in tal senso sempre più spesso.

  3. Sir Bazz

    Per le luci, la morbidezza (non del corpo né della posa, ma della composizione), la “cruda” essenza… a me ricorda la Monroe di Avedon. 🙂

  4. Marchigiano

    una foto di merda è una foto di merda, d’accordo…però jacopo fa la differenza…tanto è vero che i fotografi di un certo peso hanno lo stesso stampatore da anni non certo scelto a caso…

  5. Giorgio

    ok perfetto, se una fotografia è di merda puzza se è analogica e puzza se è digitale. Se invece sai che è buona perchè deleghi ad altri lo svilòuppo del negativo, la stampa. Ti perdi metà del piacere e sei fotografo solo a metà. Esprimi metà di quello che avresti potuto esprimere.

  6. michele annunziata

    Beh certo a volte la sensazione palpabile di uno che sputa nel piatto in cui mangia…ciò non di meno più d’uno fotografo è attratto dal richiamo della “foresta” in special modo chi è cresciuto in Era analogica, usando anche la mitica Rolleiflex. Macchina che consente scatti di “panza” no, no quelli dei mafipolitici. Quadrotta per antonomasia fa il verso al cerchio, che però sta in alto. Ma non scantoniamo, e se la foto è una presa per il culo mediata dalla modella e chi la scattata, su la stessa linea di…fuco: che dire?

    Manunzio / Michele Annunziata fotografo

  7. Marchigiano

    sul cognome della modella, c’è una s di troppo…finestra a nord…che ora era?

  8. damiano

    TI stai prendendo per il culo…

    Scatti e mandi dal tuo amichetto Jacopo… Non hai usato fotocippo? e allora?
    Stai facendo lo struzzo e non lo stronzo: Chiedi un po’ al tuo amichetto Jacopo come mai l’angolino in alto a SX è così scuro.

    Se non erro fotocippo in origine aveva pochissimi comandi ma di certo “Burn Tool” e “Dodge Tool” erano in bella mostra.

    Ciao Fotografo Professionista!

  9. alessandro

    Ma pure ai tuoi amici a 18 anni gli facevi mettere le chiappe al vento??? sai che pomeriggetti?!?!? :-))) grande Settimio!

  10. Jessica Polsky

    PERFEZIONE. Vedo che l’identico problema che noi attori conosciamo cosi’ bene, alzando gli occhi e sbuffando di disperazione, aspettando l’inevitabile dopo rispondiamo: “Sono un attore….”, e’ lo stesso nell’arte tutta, in generale. La tua saggia e splendida presentazione qua che mette a tacere (o al limite confondere) tutti gli ignoranti che si sentono in dovere di darti un’etichetta (a proposito, cos’e’ il meccanismo interiore che spinge la gente ad INSISTERE che tu debba avere un’unica definizione??), sarebbe da duplicare, per ognuno di noi. Il matematico scambio mio (nostro) va inevitabilmente cosi’: “Dai! Attrice! Allora di tv, film o teatro? E se di televisione: di fiction, sitcom, pubblicita’? Di genere comica o drammatica? E arrivi da Broadway, poi! Allora, del musical: cantante, ballerina, attrice, coreografa, o regista? E conduci pure! Quindi sei piu’ attrice o piu’ conduttrice?”. Ormai ho imparato di farli finire la tirata di quiz a risposta multipla, e quando si ferma, rispondo solo: “Si’ “. Quello che faccio (ho fatto, e faro’), non e’ composto di “o…o…o…” bensi’ di “e…e….e….”.

  11. Roberto

    io fotografo scatolette per mestiere da trent’anni, non è che quando non c’era il digitale si facevano solo foto di merda. La questione è, a mio avviso, che se si approccia la fotografia in modo serio e professionale è irrilevante lo strumento che si utilizza; quando ho scelto il dorso da acquistare la scelta è stata fatta in funzione dell’utilizzo di banchi ottici e Hasselblad “old style” per cui mi basterebbe inserire uno chassis o cambiare il dorso e metterne uno 120 per tornare alla vecchia è scomoda ma alquanto cara pellicola (in molti sensi “cara”) Ma a questo punto la domanda è: ma la stessa foto se tu l’avessi scattata con una reflex di ultima generazione e l’avessi fatta stampare da un laboratorio fine art su baritata in cosa sarebbe stata differente?
    Mi annoio molto quando passo le ore in postproduzione per cui i peli li tolgo con l’aria compressa e l’esposizione la faccio corretta, poi sviluppo personalmente i file e ne seguo tutti i passaggi, esattamente come facevo da giovane assistente o da neo professionista. Cambiano gli strumenti ma che conta, in realtà è l’occhio che guarda nel mirino ed il cervello ad esso collegato. Non credi?

  12. Roberto

    … dimenticavo… mantenendosi all’interno del 3D e potendo scegliere, te lo dico con affetto, non è tuo il culo più interessante.

    Mi raccomando giovedì vieni alla lectio in triennale 😉

  13. cry

    Secondo me sei partito bene a scrivere le tue idee e poi sei scaduto nell’insulto a chi “sogna” di fare il fotografo,possono definirsi come gli pare secondo me, si dice vivi e lascia vivere no? Credo che come nella storia tutte le tecniche si siano evolute ( parlando di “arte” secondo la mia attuale cultura sull argomento) è giusto che chi voglia o debba usare Phphotoshop lo usi,d’altronde le tecniche “artistiche” si sono evolute in base al miglioramento e alla praticità (Se vuoi vedere l’ etimologia arte mi sembra voglia dire fare o qualcosa di simile).
    A suo tempo Bob capa usava una reflex biottica tanti, poi sono arrivate le reflex contemporanee, poi quelle digitali ed ancora prima avevano solo il banco ottico.
    La realtà è che si usano gli strumenti più congeniali alla nostra personalità, tutto lì.
    Qualcuno ha detto una cosa vera: ” il difficile in fotografia è rimanere umili” , molti professionisti conosciuti l’ umiltà l’ hanno persa da tempo, non tutti per fortuna.

  14. vittorio

    La foto e’ gran bella a mio avviso una delle tue migliori.
    Certo non stampare il negativo in proprio priva l’immagine di “autorialita'” la stampa a video e’ eseguita molto bene,ma i toni ,i chiaroscuri,il punto di bianco ecc.ecc. sono scelte dello stampatore a meno che tu e lo stampatore dopo un provino abbiate discusso sul come finire la stampa finale.

  15. Roberto

    Concordo ma solo parzialmente con te Vittorio. Anche in passato l’autore raramente stampava direttamente, certo le indicazioni che si davano allo stampatore erano abbastanza precise ma il De Stefanis della situazione spesso faceva la differenza ma, se il BN era possibile gestirlo in studio, di sicuro non lo era il colore che presupponeva strumenti ben più complessi di 4 bacinelle 50×70 e soprattutto, la sensibilità alle differenze cromatiche con le relative correzioni presupponevano ore di camera oscura e stampa che difficilmente chi faceva ripresa poteva permettersi. Al contrario oggi tutto questo è superato dalla vera possibilità dell’autore di intervenire direttamente sull’immagine e sapere esattamente come verrà in stampa utilizzando correttamente gli strumenti che si hanno a disposizione. Certo che se uno scatta in jpeg e guarda l’immagine su un monitor comprato al supermercato non può certo pretendere di ottenere immagini di alto livello

  16. vittorio

    Roberto,qui si parla di FineArt,di procedimenti analogici ben precisi che portano ad un risultato preciso.Ora l’autore con la solita voglia di prender per i fondelli i suoi lettori la mette giu’ facile con la storiella della macchina di 50 anni fa’ la pellicola scaduta,la luce della finestra ecc.ecc.,invece va letta cosi:
    la rolleiflex e’ una delle migliori (per alcuni la migliore) medioformato mai prodotta,io stesso uso una 3,5 col mitico planar difficilmente eguagliabile per plasticita’,la pellicola (non dichiarata) offre in base al tipo di sviluppo un dato risultato(e’ questo un professionista lo sa’) la carta ed il suo relativo sviluppo ne offrono ancora altri,non ci s’improvvisa a scattare in b/n in analogico se si vogliono ottenere certi risultati,dire carta baritata e’ un modo di dire vago,tra una carta dell’ oriental,berger o ilford le differenze sono notevoli,non basta dire “Jacopo” stampa!
    Poi che in passato gli autori non stampassero….Esiste una Stampa Giacomelli non stampata dall’autore? impossibile,Vogliamo poi parlare di Avedon e Penn??Ansel Adam o weston? e Mappelthorpe dove lo mettiamo…vabbe ….ma di cosa stiamo parlando…mah.

  17. maurizio

    sarebbe bellissimo un prossimo tuo servizio in bn fatto con rolleiflex .

  18. Marchigiano

    “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.

    La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.

    Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”

    Albert Einstein

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