REFETTORIO AMBROSIANO PER IL CORRIERE DELLA SERA

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Storia di Ferragosto per il Corriere.

Questa volta abbiamo voluto porre la nostra attenzione sui giovani volontari che anche durante le vacanze preferiscono aiutare gli altri piuttosto che divertirsi a Formentera: che poi bisogna vedere cosa è più divertente, se cazzeggiare a Formentera o dare una mano ai bisognosi a Milano. Ma questo è un’altro discorso.

Per il giornale, oltre alle foto, ho scritto questo pezzo:

“Questo spazio è educazione alla dignità e alla bellezza” mi dice, con il sorriso sulle labbra, Giulia, venticinque anni, di Verbania. La Bellezza è sicuramente quella che emerge dai loro occhi, svegli, intelligenti, attenti; la Dignità è quella che queste ragazze e questi ragazzi offrono e riconoscono a quelle persone che vengono qua, alla ricerca non semplicemente di un pasto caldo, ma anche di Amore.

Per questo Ferragosto ci troviamo al Refettorio Ambrosiano, struttura di accoglienza creata dalla Caritas Ambrosiana che ogni giorno fornisce il pasto a 100 persone, senza chiedere loro da dove vengono, di che religione sono e perché si ritrovano in una situazione di disagio: ma chiedendo molto di più, e cioè la volontà di entrare in un percorso di recupero dove il fine ultimo è quello di ridare la possibilità di ristrutturare la propria vita, in una prospettiva solida e concreta.

Ad aiutare gli operatori della Caritas quest’estate ci sono dei giovani che fanno parte dei “Cantieri della Solidarietà”, campi estivi che permettono di fare un’esperienza di volontariato, non solo in Italia ma in tutto il mondo: una maniera meravigliosa di provare sulla propria pelle cosa voglia dire aiutare il prossimo.

La prima a farsi fare il ritratto è Valeria, ventinove anni di Sassari. E’ venuta apposta per questa esperienza dalla Sardegna e trova che, per l’arricchimento che le procura, ciò che sta vivendo sia meraviglioso.

Dopo di lei è il turno di Ilaria, ventiquattro anni di Lodi. Dopo la laurea in lingue decide di fare un anno di Servizio Civile Nazionale, grazie al quale viene a conoscenza dei Cantieri della Solidarietà. Quello che cercava e che più apprezza di questa esperienza è la possibilità di conoscere e incontrare persone troppo spesso nell’ombra.

Giorgia ha trenta anni e sta facendo il percorso per diventare suora: pur essendo di Verona adesso risiede a Perugia presso le “Francescane Missionarie di Gesù Bambino”. E’ qui perché vuole concretizzare la sua Fede aiutando chi ha bisogno, secondo la più pura tradizione Francescana; ma il suo credo religioso non le impedisce (anzi, la invoglia!) a scoprire e conoscere altre fedi, altre realtà, altre culture.

Giulia, l’abbiamo già nominata, ha venticinque anni ed è di Verbania: sottolinea di come il sedersi intorno a un tavolo per mangiare (lo sappiamo bene, esperienza fondamentale nella cultura italiana) qui diventi pura convivialità e quindi un vero e proprio progetto socializzante. Insomma al Refettorio non semplicemente si consuma un pasto, ma si impara a stare insieme.

Mancano i due maschi! Stefano ha trent’anni ed è di Bareggio. Laureato in Scienze Politiche ha deciso di fare questa esperienza di volontariato per provare a rendere concreti i propri ideali. Da lombardo gli piace vedere un lato di Milano che rimane spesso nell’ombra.

Concludiamo con Daniele, ventinove anni di Bareggio. Dopo la laurea in Farmacia anche lui, come Ilaria e Valeria, decide di fare un anno sabatico aderendo al Servizio Civile Volontario: adesso è a Milano con il desiderio di restituire tutto ciò che la vita fino ad ora gli ha donato.

Ecco, questi sono le quattro ragazze e i due ragazzi che hanno deciso di non fare una normale vacanza al mare, ma di aiutare il prossimo: probabilmente la migliore di tutte le vacanze possibili.

Pur essendo tutti molto diversi infatti su una cosa sono tutti assolutamente d’accordo, sul preferire di gran lunga essere qui piuttosto che su una spiaggia con il mare cristallino davanti.

Perché queste sei persone che anche oggi, il giorno di Ferragosto, saranno al lavoro in piazza Greco a Milano, stanno facendo una rivoluzione che tanti giovani volontari in tutto il mondo fanno: la rivoluzione di aiutare gli altri con un sorriso sulle labbra.”

E’ successo poi che poche ore prima della stampa la redazione mi chiedesse ancora qualche riga più personale. Ho scritto allora (con il telefonino!) questo altro testo:

“Per questa edizione dell’appuntamento con il mio racconto di Ferragosto abbiamo voluto rivolgere lo sguardo verso una categoria spesso bistrattata, misteriosa, vituperata e sicuramente mal conosciuta da chi non appartiene più ad essa: la categoria dei giovani. 

Non è stato difficile trovare delle ragazze e dei ragazzi che andassero a smentire questi preconcetti. È stato più difficile riuscire a convincere queste sei bellissime persone a dedicarmi quindici minuti del loro tempo, che è interamente dedicato ad aiutare i bisognosi del Refettorio Ambrosiano. 

Li ho fotografati cercando di usare per tutti lo stesso format, la stessa inquadratura; per far capire che sono un gruppo, tutti diversi ma tutti parte dello stesso organismo. 

E poi gli ho solo chiesto di regalarmi il loro sorriso, lo stesso che regalano a tutti coloro che ne hanno bisogno. 

È stato bellissimo.”

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Daniele
Daniele
Giorgia
Giorgia
Giulia
Giulia
Ilaria
Ilaria
Stefano
Stefano
Valeria
Valeria

 

PS: mi hanno mandato degli screen shoot di uno dei soliti imbecilli di Facebook che criticava anche questo mio lavoro. Uno di quelli ai quali non va bene nulla. Peccato non abbia la stessa veemenza critica verso se stesso: non sarebbe mal riposta. Comunque: è probabilmente vero che la beneficenza e il volontariato si debbano fare in silenzio e riservatezza, ma è anche vero che io, da giornalista (tessera 91389 dell’ordine dei giornalisti della Lombardia) ho il dovere, etico e morale, di raccontare le cose meritorie che succedono al mondo. Questa storia non merita forse di essere raccontata? Non è giusto che questa meravigliosa realtà venga messa in luce? Non è possibile che questo possa portare a una auspicabile emulazione? 

  1. Agnese Moroni

    Attraverso le mie foto racconto le missioni di una ONG che opera bambini con labbro leporino e altre malformazioni da 4 anni.
    La foto è lo strumento di comunicazione più forte che ci sia ed è l’unico in grado si sensibilizzare le persone.
    Chi critica questo tipo di fotografia, definita a volte, proprio per questo motivo, sociale non sa di cosa sta parlando.
    Detto ciò avrei una domanda, che ottica ha usato per questi ritratti.

    Grazie
    Agnese

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