il re è nudo

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ho appena mandato questa mail al direttore della rivista anna:

Lettera aperta alla redazione di “Anna” magazine

Alla cortese attenzione di:
Maria Latella, direttore
Sciascia Gambaccini, fashion editor
Simona Girella, photo editor

E’ uscito in questi giorni sulla rivista “Anna”, per la quale voi lavorate, il servizio che ho scattato la scorsa settimana a Martina Colombari e a suo marito Alessandro Costacurta.
E’ stato un vero piacere lavorare con la vostra redazione, e il rapporto, breve ma intenso, con la vostra photo editor Simona, persona di grande professionalità, è stato ottimo.
Non vorrei rischiare la piaggeria, ma mi ha anche molto soddisfatto la messa in pagina, la grafica e non ultima anche la stampa.
Insomma, un bel lavoro, fatto bene.
Per dire le cose nella loro completezza bisogna sottolineare che sono stato scelto per questo lavoro grazie all’amicizia con Martina Colombari, forte di molti bei lavori realizzati insieme a lei.

Proprio per tutte queste ragioni non mi è facile continuare a scrivere, sapendo dove andrò a parare, ma d’altra parte non riesco proprio a non proseguire…

Andando al punto e cercando di non farvi perdere troppo tempo:
in Italia esiste una situazione allucinante per chi come me ha fatto della professione di fotografo editoriale una scelta di vita.
Tutte le maggiori testate usano quasi esclusivamente fotografi stranieri, agenzie di modelle straniere, studi stranieri, truccatori e parrucchieri stranieri.
E’ una situazione insostenibile, che genera conseguenze altrettanto insostenibili nel mondo dei cataloghi e delle campagne pubblicitarie di moda: perchè i clienti inserzionisti dovrebbero usare fotografi e creativi italiani se nei redazionali vedono solo ed unicamente fotografi e creativi stranieri?
Esagero?
Ecco un piccolo elenco dei fotografi in questo momento sui giornali italiani:
Vogue: Koto Bolofo, Ellen von Unwerth, Steven Meisel (due servizi), Maciek Kobleski, Tim Walker, Corinne Day, Stephane Sednaoui
D della repubblica: Guy Arosh, Micheal Wooley, Jan Welters, Christophe Kutner
Grazia: Mirela Gibert, Eddy Kohly
Glamour: Sante d’Orazio (nome italiano ma americano), Manusha Blommers & Niel Schumm, Claudia Smith, Michelangelo di Battista (italiano che vive e lavora a Parigi)
Elle: Thiemo Sander, Viki Forshee, Gleb, Clhoè Malleet, Christoper Griffith, Ranjt Grewal, Liz von Hoene
Flair: Tesh, Camilla Akrans, Alexl Hay, Alix Malka, Javier Valhonrat, Patrick Shaw
Vanity fair: Dirk Lambrechts, Johan Sandberg
Anna: Don Flood, Rick Haylor

Può bastare?
Perchè se non bastasse, permettetemi, avrei una lista anche per le campagne pubblicitarie, in questo momento sui giornali:
Alberta Ferretti: Steven Klein
Alessandro Dell’Acqua: Horst Diekgerdes
Armani jeans: Terry Tsiolis
Giorgio Armani: Craig mcDean
Dolce e Gabbana: Steven Meisel
D&G: Steven Klein
Gucci: Craig mcDean
Prada: Steven Meisel
Miu Miu: Inez van Lamsweerde & Vinoodh Matadin
Iceberg: Solve Sundsbo
Max Mara: Caroline mcClelland
Versace: Mario Testino (nome italiano, solo il nome)

…e potrei andare avanti per molto…

E quindi? E quindi è enorme da parte mia la tristezza nel dover constatare questa situazione.
Noi, Italia, che abbiamo inventato il sistema moda per quello che è, dover diventare una lontana provincia dell’impero?!?
Per quali ragioni? Per quali motivi? Per quali interessi?
Ha senso che la rivista italiana “Anna” abbia un “fashion office” a New York, come orgogliosamente scritto nel colophon?
Se la Colombari e Costacurta fossero stati teletrasportabili non è molto probabile che li avreste fatti fotografare in America da un mr. Smith di passaggio?

Io faccio il fotografo prefessionista da 15 anni, pubblico e lavoro in tutto il mondo, da 6 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, ho pubblicato sul New York Times, faccio da tre anni Sport Illustrated, ho uno studio che dà lo stipendio a due dipendenti più vari collaboratori, ho fatto campagne per la Swatch, per la Persol, per la Seventy, copertine per Sportweek, ho fatto il ritratto per Vogue (Germania!) ad Armani, Ferrè, Alberta Ferretti, i Missoni…ho un sito che ogni giorno mediamente ha 1.600 pagine visitate…insomma, e certo lo dico con la presuntuosa sicurezza di chi è orgoglioso delle proprie possibilità, penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane.
Ma presupponendo anche che il mio stile, il mio portfolio, la mia immagine non siano adatti, è mai possibile che nessuno in Italia possa avere le giuste qualità?

La situazione è molto più grave di quello che si possa immaginare: gli studi chiudono, il superstudio ha chiuso il ristorante, non esce un nome di un fotografo o un “trucco e capelli” italiano di rilievo internazionale da almeno vent’anni.
Solo un supporto editoriale può far crescere e maturare un fotografo. Questo supporto, in Italia, manca completamente.

Gentili Latella, Gambaccini e Girella, vi ringrazio se siete arrivate a leggere le mie parole fino a qui e mi scuso per il mio tono forse sopra le righe.
Tutto questo però non è solo “pro domo mea”, è per combattere una situazione che sta diventando veramente insostenibile per tutti quelli che lavorano volendo rimanere a vivere in Italia.

Non è certo giusto che voi e la vostra rivista diventiate il capro espiatorio di questa situazione e non è certo mia intenzione incolparvi per una situazione ben più vasta e complessa, ma da qualche parte bisogna pur cominciare e credo serva il classico bambino che dica che il Re è nudo.
Forse nessuno di noi conserva la purezza puerile che possa portare a questa considerazione, ma la maturità deve aiutarci ad accettarne l’evidenza: il Re è nudo!
Il Re è nudo, e non è l’ultima tendenza…

Con rispetto
Settimio Benedusi, fotografo
Milano, Italia

30 risposte

  1. SILVIA D\\\\\\\'AMBROSIO

    SALVE!!!! E’ LA PRIMA VOLTA CHE VISITO IL SUO SITO….EHM..LA SUA CASA….DIREI?
    PENASVO DI NON CONOSCERLA…..MA POI DOPO LA LETTERA SCRITTA ALLA DIRETTRICE DI ANNA .MI SONO RICORDATA;CI ERAVAMO INCONTRATI ALLO IED A MILANO PER UN INCONTRO OGANIZZATO DA TAU VISUAL IN CUI LE CI AVEVA RACCONTATO QS. SUA SCELTA DI SCRIVERE QS. LETTERA DI CUI HA LA MIA COMPLETA CONDIVISIONE. SCUSI MA COSA VUOL DIRE COMMENTI ZERO ALLA FINE DELLA LETTERA..IO NON SONO UN AQUILA PER QS. COSE…COMENTI ZERO NEL SENSO CHE NESSUNO OGGI AVEVA COMMENTATO O SCRITTO O ZERO COMMENTI DA QUANDO LEI AVEVA CORAGGIOSAMENTE SCRITTO QUELLA LETTERA. lEI SAREI GRATO SE RISPONDESSE A QS SEMPLICE QUESITO.
    BELLA CAPE TOWN VERO…..IO CI SONO STATA UNA MANCIATA DI VOLTE PER LAVORO E APPENA AVEVO UN PO DITEMPO LIBERO MI BUTAVO NELLA CITTA’ A FARE FOTO..QUASI TUTTE CANNATE..IL MIO 135 FISSO DELLA CANON ANTICIPAVA E POSTICIPAVA IL FUOCO. RITRATTI BELLISSIMI BUTATI NEL CESSO!!!!!
    BUONA SERATA
    COMUNQUE PER ME LEI RIMANE UN GRANDE FOTOGRAFO…..INDIPENDENTEMENTE DA QUALE NAZIONALITAì LA RIVISTA PUBLICA I SUOI LAVORI,
    CARI SALUTI
    SILVIA D^AMBROSIO

  2. SILVIA D\\\\\\\'AMBROSIO

    SALVE!!!! E’ LA PRIMA VOLTA CHE VISITO IL SUO SITO….EHM..LA SUA CASA….DIREI?
    PENASVO DI NON CONOSCERLA…..MA POI DOPO LA LETTERA SCRITTA ALLA DIRETTRICE DI ANNA .MI SONO RICORDATA;CI ERAVAMO INCONTRATI ALLO IED A MILANO PER UN INCONTRO OGANIZZATO DA TAU VISUAL IN CUI LE CI AVEVA RACCONTATO QS. SUA SCELTA DI SCRIVERE QS. LETTERA DI CUI HA LA MIA COMPLETA CONDIVISIONE. SCUSI MA COSA VUOL DIRE COMMENTI ZERO ALLA FINE DELLA LETTERA..IO NON SONO UN AQUILA PER QS. COSE…COMENTI ZERO NEL SENSO CHE NESSUNO OGGI AVEVA COMMENTATO O SCRITTO O ZERO COMMENTI DA QUANDO LEI AVEVA CORAGGIOSAMENTE SCRITTO QUELLA LETTERA. lEI SAREI GRATO SE RISPONDESSE A QS SEMPLICE QUESITO.
    BELLA CAPE TOWN VERO…..IO CI SONO STATA UNA MANCIATA DI VOLTE PER LAVORO E APPENA AVEVO UN PO DITEMPO LIBERO MI BUTAVO NELLA CITTA’ A FARE FOTO..QUASI TUTTE CANNATE..IL MIO 135 FISSO DELLA CANON ANTICIPAVA E POSTICIPAVA IL FUOCO. RITRATTI BELLISSIMI BUTATI NEL CESSO!!!!!
    BUONA SERATA
    COMUNQUE PER ME LEI RIMANE UN GRANDE FOTOGRAFO…..INDIPENDENTEMENTE DA QUALE NAZIONALITAì LA RIVISTA PUBLICA I SUOI LAVORI,
    CARI SALUTI
    SILVIA D^AMBROSIO

  3. SILVIA D\\\\\\\'AMBROSIO

    SALVE!!!! E’ LA PRIMA VOLTA CHE VISITO IL SUO SITO….EHM..LA SUA CASA….DIREI?
    PENASVO DI NON CONOSCERLA…..MA POI DOPO LA LETTERA SCRITTA ALLA DIRETTRICE DI ANNA .MI SONO RICORDATA;CI ERAVAMO INCONTRATI ALLO IED A MILANO PER UN INCONTRO OGANIZZATO DA TAU VISUAL IN CUI LE CI AVEVA RACCONTATO QS. SUA SCELTA DI SCRIVERE QS. LETTERA DI CUI HA LA MIA COMPLETA CONDIVISIONE. SCUSI MA COSA VUOL DIRE COMMENTI ZERO ALLA FINE DELLA LETTERA..IO NON SONO UN AQUILA PER QS. COSE…COMENTI ZERO NEL SENSO CHE NESSUNO OGGI AVEVA COMMENTATO O SCRITTO O ZERO COMMENTI DA QUANDO LEI AVEVA CORAGGIOSAMENTE SCRITTO QUELLA LETTERA. lEI SAREI GRATO SE RISPONDESSE A QS SEMPLICE QUESITO.
    BELLA CAPE TOWN VERO…..IO CI SONO STATA UNA MANCIATA DI VOLTE PER LAVORO E APPENA AVEVO UN PO DITEMPO LIBERO MI BUTAVO NELLA CITTA’ A FARE FOTO..QUASI TUTTE CANNATE..IL MIO 135 FISSO DELLA CANON ANTICIPAVA E POSTICIPAVA IL FUOCO. RITRATTI BELLISSIMI BUTATI NEL CESSO!!!!!
    BUONA SERATA
    COMUNQUE PER ME LEI RIMANE UN GRANDE FOTOGRAFO…..INDIPENDENTEMENTE DA QUALE NAZIONALITAì LA RIVISTA PUBLICA I SUOI LAVORI,
    CARI SALUTI
    SILVIA D^AMBROSIO

  4. SILVIA D\\\\\\\'AMBROSIO

    SALVE!!!! E’ LA PRIMA VOLTA CHE VISITO IL SUO SITO….EHM..LA SUA CASA….DIREI?
    PENASVO DI NON CONOSCERLA…..MA POI DOPO LA LETTERA SCRITTA ALLA DIRETTRICE DI ANNA .MI SONO RICORDATA;CI ERAVAMO INCONTRATI ALLO IED A MILANO PER UN INCONTRO OGANIZZATO DA TAU VISUAL IN CUI LE CI AVEVA RACCONTATO QS. SUA SCELTA DI SCRIVERE QS. LETTERA DI CUI HA LA MIA COMPLETA CONDIVISIONE. SCUSI MA COSA VUOL DIRE COMMENTI ZERO ALLA FINE DELLA LETTERA..IO NON SONO UN AQUILA PER QS. COSE…COMENTI ZERO NEL SENSO CHE NESSUNO OGGI AVEVA COMMENTATO O SCRITTO O ZERO COMMENTI DA QUANDO LEI AVEVA CORAGGIOSAMENTE SCRITTO QUELLA LETTERA. lEI SAREI GRATO SE RISPONDESSE A QS SEMPLICE QUESITO.
    BELLA CAPE TOWN VERO…..IO CI SONO STATA UNA MANCIATA DI VOLTE PER LAVORO E APPENA AVEVO UN PO DITEMPO LIBERO MI BUTAVO NELLA CITTA’ A FARE FOTO..QUASI TUTTE CANNATE..IL MIO 135 FISSO DELLA CANON ANTICIPAVA E POSTICIPAVA IL FUOCO. RITRATTI BELLISSIMI BUTATI NEL CESSO!!!!!
    BUONA SERATA
    COMUNQUE PER ME LEI RIMANE UN GRANDE FOTOGRAFO…..INDIPENDENTEMENTE DA QUALE NAZIONALITAì LA RIVISTA PUBLICA I SUOI LAVORI,
    CARI SALUTI
    SILVIA D^AMBROSIO

  5. Benedusi

    la possibilità di mettere commenti sul mio sito è presente solo dal giugno 2007.
    prima di quella data quindi, come in questo caso, sono molto rari, perché bisogna che uno vada molto indietro nel tempo sia per leggere i miei post e ovviamente per commentare…

  6. Benedusi

    la possibilità di mettere commenti sul mio sito è presente solo dal giugno 2007.
    prima di quella data quindi, come in questo caso, sono molto rari, perché bisogna che uno vada molto indietro nel tempo sia per leggere i miei post e ovviamente per commentare…

  7. Benedusi

    la possibilità di mettere commenti sul mio sito è presente solo dal giugno 2007.
    prima di quella data quindi, come in questo caso, sono molto rari, perché bisogna che uno vada molto indietro nel tempo sia per leggere i miei post e ovviamente per commentare…

  8. Benedusi

    la possibilità di mettere commenti sul mio sito è presente solo dal giugno 2007.
    prima di quella data quindi, come in questo caso, sono molto rari, perché bisogna che uno vada molto indietro nel tempo sia per leggere i miei post e ovviamente per commentare…

  9. Walter Ego

    caro settimio, son passati un paio d’anni da questo tuo post, in cui mi son imbattuto solo ora, ma l’argomento non mi sembra passato di moda. e’ vero, in italia lavorano pochi/ssimi fotografi di moda italiani, e altrettanto pochi/ssimi collaboratori. sebbene tu dimentichi che su vogue italia contribuiscano abbastanza frequentemente sia paolo roversi che mario sorrenti, due ottimi fotografi, lasciando da parte i gusti personali. entrambi vivono e lavorano a parigi: questa cosa non ti fa pensare? tuttavia non capisco il tuo risentimento. per due motivi. il primo: quando scrivi “penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane”, purtroppo -per mio conto- mi tocca darti torto, senza malizia o invidie di alcun tipo, ma per una semplice constatazione: in giro c’e’ gente MOLTO brava, molto piu’ brava di te e, sicuramente, di me: visionari, creativi, sognatori, persone che hanno elaborato un linguaggio visivo e comunicativo che va oltre la semplice realizzazione di una foto, non stiamo parlando solo di ottimi professionisti come te, ma di un gradino oltre. lo dico ad esempio avendo in mente il tuo ultimo lavoro per sports illustrated, che e’ splendidamente realizzato, ma non aggiunge nulla di “stilistico” e comunicativo al gia’ visto: per farti un esempio concreto di quel che intendo, ricorda come newton realizzo’ il suo ultimo catalogo wolford: nonostante le belle donne e i costumi come nel tuo caso, li’ c’era un mood e uno stile che in te non ritrovo. nella tua lettera aperta, citi dei nomi e quindi conosci bene il loro lavoro: steven meisel, steven klein, craig mcdean, tim walker. per onesta’ intellettuale, non me la sento proprio di poter paragonare il loro lavoro al tuo, anche rischiando qui di sembrarti maleducato, pur non intendendo esserlo. d’altronde questo per te dovrebbe essere lo stimolo a continuare ad evolvere, e cercare un tuo piu’ preciso linguaggio stilistico. tornando ai motivi del tuo risentimento, la seconda ragione per cui non lo capisco e’: cosa ti impedisce di lavorare e/o stabilirti altrove? il mondo s’e’ recentemente fatto piu’ grande e aperto, i mercati sono ovunque. io l’ho fatto, nel mio piccolo, lavoro bene, son contento, faccio la mia esperienza, poi si vedra’, per ora non sento l’esigenza di tornare in patria. per esperienza -che anche tu hai, anche se non la citi- all’estero paradossalmente noi fotografi italiani siamo molto apprezzati, spesso molto piu’ dei locali. penso agli stati uniti, ma non solo (tranne in francia, ma li’ e’ altra storia). quindi che noia ti da’ non lavorare per vogue italia e magari farlo per vogue america o nippon? c’e’ qui da aggiungere anche un’ulteriore discussione: l’italia e’ ormai vari anni che sembra spesso fuori dai grandi trend mondiali, il gusto -forse per una sorta di presunzione- s’e’ abbastanza fossilizzato: io non ne ho incontrati molti, in italia, di truccatori o parrucchieri davvero moderni (bravi si’, ma il gusto non ha molto a che vedere con la tecnica); al contrario, in uk, in spagna, in belgio ne ho trovate decine, anche quelli alle prime armi, che pur non possedendo una gran tecnica, vedono pero’ il fashion in maniera molto piu’ moderna che la media milanese, forse perche’ vivendo in ambienti e culture fashion piu’ nuove si portano dietro molti meno retaggi e lacci col passato. volenti o nolenti, i conti con questa situazione, in italia, vanno fatti. non ultima per importanza, una domanda che puo’ sembrare provocatoria, ma non lo e’: dov’e’ in italia l’editoria di moda? voglio dire, se togliamo quelle 3 o 4 belle riviste di risonanza internazionale, e che spesso vedi anche tu che sono club privati, mi dici dov’e’ che vedi in italia un’editoria moderna, qualitativa, giovane, che ami sperimentare e tentare soluzioni diverse dal gia’ visto? in italia vedi forse sugli scaffali riviste italiane come tank, citizen-k, dazed&confused, another magazine, etc.? mancano, perche’ manca quel tipo di lettore, e quel tipo di cliente che voglia la sua pubblicita’ su di esse. in definitiva la situazione che descrivi, lamentandotene, fa parte di un circolo vizioso, e mi sembra riduttivo evidenziare un solo aspetto negativo -quello che ti fa piu’ comodo-, dimenticandosi di tutti gli altri, perche’ la situazione non si cambia certo (tranne che la personale vanita’) soltanto perche’ tu o qualche altro baldo giovane italiano inizia a pubblicare su vogue italia: son proprio l’ignoranza diffusa del bello e la mentalita’ conservatrice italiana, unita alla sua presunzione di essere lo state-of-the-art, che impedisce il decolo di nuove avanguardie italiane. detto cio’, ti auguro ogni fortuna in italia o altrove. ciao! walter

  10. Walter Ego

    caro settimio, son passati un paio d’anni da questo tuo post, in cui mi son imbattuto solo ora, ma l’argomento non mi sembra passato di moda. e’ vero, in italia lavorano pochi/ssimi fotografi di moda italiani, e altrettanto pochi/ssimi collaboratori. sebbene tu dimentichi che su vogue italia contribuiscano abbastanza frequentemente sia paolo roversi che mario sorrenti, due ottimi fotografi, lasciando da parte i gusti personali. entrambi vivono e lavorano a parigi: questa cosa non ti fa pensare? tuttavia non capisco il tuo risentimento. per due motivi. il primo: quando scrivi “penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane”, purtroppo -per mio conto- mi tocca darti torto, senza malizia o invidie di alcun tipo, ma per una semplice constatazione: in giro c’e’ gente MOLTO brava, molto piu’ brava di te e, sicuramente, di me: visionari, creativi, sognatori, persone che hanno elaborato un linguaggio visivo e comunicativo che va oltre la semplice realizzazione di una foto, non stiamo parlando solo di ottimi professionisti come te, ma di un gradino oltre. lo dico ad esempio avendo in mente il tuo ultimo lavoro per sports illustrated, che e’ splendidamente realizzato, ma non aggiunge nulla di “stilistico” e comunicativo al gia’ visto: per farti un esempio concreto di quel che intendo, ricorda come newton realizzo’ il suo ultimo catalogo wolford: nonostante le belle donne e i costumi come nel tuo caso, li’ c’era un mood e uno stile che in te non ritrovo. nella tua lettera aperta, citi dei nomi e quindi conosci bene il loro lavoro: steven meisel, steven klein, craig mcdean, tim walker. per onesta’ intellettuale, non me la sento proprio di poter paragonare il loro lavoro al tuo, anche rischiando qui di sembrarti maleducato, pur non intendendo esserlo. d’altronde questo per te dovrebbe essere lo stimolo a continuare ad evolvere, e cercare un tuo piu’ preciso linguaggio stilistico. tornando ai motivi del tuo risentimento, la seconda ragione per cui non lo capisco e’: cosa ti impedisce di lavorare e/o stabilirti altrove? il mondo s’e’ recentemente fatto piu’ grande e aperto, i mercati sono ovunque. io l’ho fatto, nel mio piccolo, lavoro bene, son contento, faccio la mia esperienza, poi si vedra’, per ora non sento l’esigenza di tornare in patria. per esperienza -che anche tu hai, anche se non la citi- all’estero paradossalmente noi fotografi italiani siamo molto apprezzati, spesso molto piu’ dei locali. penso agli stati uniti, ma non solo (tranne in francia, ma li’ e’ altra storia). quindi che noia ti da’ non lavorare per vogue italia e magari farlo per vogue america o nippon? c’e’ qui da aggiungere anche un’ulteriore discussione: l’italia e’ ormai vari anni che sembra spesso fuori dai grandi trend mondiali, il gusto -forse per una sorta di presunzione- s’e’ abbastanza fossilizzato: io non ne ho incontrati molti, in italia, di truccatori o parrucchieri davvero moderni (bravi si’, ma il gusto non ha molto a che vedere con la tecnica); al contrario, in uk, in spagna, in belgio ne ho trovate decine, anche quelli alle prime armi, che pur non possedendo una gran tecnica, vedono pero’ il fashion in maniera molto piu’ moderna che la media milanese, forse perche’ vivendo in ambienti e culture fashion piu’ nuove si portano dietro molti meno retaggi e lacci col passato. volenti o nolenti, i conti con questa situazione, in italia, vanno fatti. non ultima per importanza, una domanda che puo’ sembrare provocatoria, ma non lo e’: dov’e’ in italia l’editoria di moda? voglio dire, se togliamo quelle 3 o 4 belle riviste di risonanza internazionale, e che spesso vedi anche tu che sono club privati, mi dici dov’e’ che vedi in italia un’editoria moderna, qualitativa, giovane, che ami sperimentare e tentare soluzioni diverse dal gia’ visto? in italia vedi forse sugli scaffali riviste italiane come tank, citizen-k, dazed&confused, another magazine, etc.? mancano, perche’ manca quel tipo di lettore, e quel tipo di cliente che voglia la sua pubblicita’ su di esse. in definitiva la situazione che descrivi, lamentandotene, fa parte di un circolo vizioso, e mi sembra riduttivo evidenziare un solo aspetto negativo -quello che ti fa piu’ comodo-, dimenticandosi di tutti gli altri, perche’ la situazione non si cambia certo (tranne che la personale vanita’) soltanto perche’ tu o qualche altro baldo giovane italiano inizia a pubblicare su vogue italia: son proprio l’ignoranza diffusa del bello e la mentalita’ conservatrice italiana, unita alla sua presunzione di essere lo state-of-the-art, che impedisce il decolo di nuove avanguardie italiane. detto cio’, ti auguro ogni fortuna in italia o altrove. ciao! walter

  11. Walter Ego

    caro settimio, son passati un paio d’anni da questo tuo post, in cui mi son imbattuto solo ora, ma l’argomento non mi sembra passato di moda. e’ vero, in italia lavorano pochi/ssimi fotografi di moda italiani, e altrettanto pochi/ssimi collaboratori. sebbene tu dimentichi che su vogue italia contribuiscano abbastanza frequentemente sia paolo roversi che mario sorrenti, due ottimi fotografi, lasciando da parte i gusti personali. entrambi vivono e lavorano a parigi: questa cosa non ti fa pensare? tuttavia non capisco il tuo risentimento. per due motivi. il primo: quando scrivi “penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane”, purtroppo -per mio conto- mi tocca darti torto, senza malizia o invidie di alcun tipo, ma per una semplice constatazione: in giro c’e’ gente MOLTO brava, molto piu’ brava di te e, sicuramente, di me: visionari, creativi, sognatori, persone che hanno elaborato un linguaggio visivo e comunicativo che va oltre la semplice realizzazione di una foto, non stiamo parlando solo di ottimi professionisti come te, ma di un gradino oltre. lo dico ad esempio avendo in mente il tuo ultimo lavoro per sports illustrated, che e’ splendidamente realizzato, ma non aggiunge nulla di “stilistico” e comunicativo al gia’ visto: per farti un esempio concreto di quel che intendo, ricorda come newton realizzo’ il suo ultimo catalogo wolford: nonostante le belle donne e i costumi come nel tuo caso, li’ c’era un mood e uno stile che in te non ritrovo. nella tua lettera aperta, citi dei nomi e quindi conosci bene il loro lavoro: steven meisel, steven klein, craig mcdean, tim walker. per onesta’ intellettuale, non me la sento proprio di poter paragonare il loro lavoro al tuo, anche rischiando qui di sembrarti maleducato, pur non intendendo esserlo. d’altronde questo per te dovrebbe essere lo stimolo a continuare ad evolvere, e cercare un tuo piu’ preciso linguaggio stilistico. tornando ai motivi del tuo risentimento, la seconda ragione per cui non lo capisco e’: cosa ti impedisce di lavorare e/o stabilirti altrove? il mondo s’e’ recentemente fatto piu’ grande e aperto, i mercati sono ovunque. io l’ho fatto, nel mio piccolo, lavoro bene, son contento, faccio la mia esperienza, poi si vedra’, per ora non sento l’esigenza di tornare in patria. per esperienza -che anche tu hai, anche se non la citi- all’estero paradossalmente noi fotografi italiani siamo molto apprezzati, spesso molto piu’ dei locali. penso agli stati uniti, ma non solo (tranne in francia, ma li’ e’ altra storia). quindi che noia ti da’ non lavorare per vogue italia e magari farlo per vogue america o nippon? c’e’ qui da aggiungere anche un’ulteriore discussione: l’italia e’ ormai vari anni che sembra spesso fuori dai grandi trend mondiali, il gusto -forse per una sorta di presunzione- s’e’ abbastanza fossilizzato: io non ne ho incontrati molti, in italia, di truccatori o parrucchieri davvero moderni (bravi si’, ma il gusto non ha molto a che vedere con la tecnica); al contrario, in uk, in spagna, in belgio ne ho trovate decine, anche quelli alle prime armi, che pur non possedendo una gran tecnica, vedono pero’ il fashion in maniera molto piu’ moderna che la media milanese, forse perche’ vivendo in ambienti e culture fashion piu’ nuove si portano dietro molti meno retaggi e lacci col passato. volenti o nolenti, i conti con questa situazione, in italia, vanno fatti. non ultima per importanza, una domanda che puo’ sembrare provocatoria, ma non lo e’: dov’e’ in italia l’editoria di moda? voglio dire, se togliamo quelle 3 o 4 belle riviste di risonanza internazionale, e che spesso vedi anche tu che sono club privati, mi dici dov’e’ che vedi in italia un’editoria moderna, qualitativa, giovane, che ami sperimentare e tentare soluzioni diverse dal gia’ visto? in italia vedi forse sugli scaffali riviste italiane come tank, citizen-k, dazed&confused, another magazine, etc.? mancano, perche’ manca quel tipo di lettore, e quel tipo di cliente che voglia la sua pubblicita’ su di esse. in definitiva la situazione che descrivi, lamentandotene, fa parte di un circolo vizioso, e mi sembra riduttivo evidenziare un solo aspetto negativo -quello che ti fa piu’ comodo-, dimenticandosi di tutti gli altri, perche’ la situazione non si cambia certo (tranne che la personale vanita’) soltanto perche’ tu o qualche altro baldo giovane italiano inizia a pubblicare su vogue italia: son proprio l’ignoranza diffusa del bello e la mentalita’ conservatrice italiana, unita alla sua presunzione di essere lo state-of-the-art, che impedisce il decolo di nuove avanguardie italiane. detto cio’, ti auguro ogni fortuna in italia o altrove. ciao! walter

  12. Walter Ego

    caro settimio, son passati un paio d’anni da questo tuo post, in cui mi son imbattuto solo ora, ma l’argomento non mi sembra passato di moda. e’ vero, in italia lavorano pochi/ssimi fotografi di moda italiani, e altrettanto pochi/ssimi collaboratori. sebbene tu dimentichi che su vogue italia contribuiscano abbastanza frequentemente sia paolo roversi che mario sorrenti, due ottimi fotografi, lasciando da parte i gusti personali. entrambi vivono e lavorano a parigi: questa cosa non ti fa pensare? tuttavia non capisco il tuo risentimento. per due motivi. il primo: quando scrivi “penso di avere un portfolio che non abbia molto da invidiare a quello di molti di questi signori stranieri che pubblicano e lavorano per le testate italiane”, purtroppo -per mio conto- mi tocca darti torto, senza malizia o invidie di alcun tipo, ma per una semplice constatazione: in giro c’e’ gente MOLTO brava, molto piu’ brava di te e, sicuramente, di me: visionari, creativi, sognatori, persone che hanno elaborato un linguaggio visivo e comunicativo che va oltre la semplice realizzazione di una foto, non stiamo parlando solo di ottimi professionisti come te, ma di un gradino oltre. lo dico ad esempio avendo in mente il tuo ultimo lavoro per sports illustrated, che e’ splendidamente realizzato, ma non aggiunge nulla di “stilistico” e comunicativo al gia’ visto: per farti un esempio concreto di quel che intendo, ricorda come newton realizzo’ il suo ultimo catalogo wolford: nonostante le belle donne e i costumi come nel tuo caso, li’ c’era un mood e uno stile che in te non ritrovo. nella tua lettera aperta, citi dei nomi e quindi conosci bene il loro lavoro: steven meisel, steven klein, craig mcdean, tim walker. per onesta’ intellettuale, non me la sento proprio di poter paragonare il loro lavoro al tuo, anche rischiando qui di sembrarti maleducato, pur non intendendo esserlo. d’altronde questo per te dovrebbe essere lo stimolo a continuare ad evolvere, e cercare un tuo piu’ preciso linguaggio stilistico. tornando ai motivi del tuo risentimento, la seconda ragione per cui non lo capisco e’: cosa ti impedisce di lavorare e/o stabilirti altrove? il mondo s’e’ recentemente fatto piu’ grande e aperto, i mercati sono ovunque. io l’ho fatto, nel mio piccolo, lavoro bene, son contento, faccio la mia esperienza, poi si vedra’, per ora non sento l’esigenza di tornare in patria. per esperienza -che anche tu hai, anche se non la citi- all’estero paradossalmente noi fotografi italiani siamo molto apprezzati, spesso molto piu’ dei locali. penso agli stati uniti, ma non solo (tranne in francia, ma li’ e’ altra storia). quindi che noia ti da’ non lavorare per vogue italia e magari farlo per vogue america o nippon? c’e’ qui da aggiungere anche un’ulteriore discussione: l’italia e’ ormai vari anni che sembra spesso fuori dai grandi trend mondiali, il gusto -forse per una sorta di presunzione- s’e’ abbastanza fossilizzato: io non ne ho incontrati molti, in italia, di truccatori o parrucchieri davvero moderni (bravi si’, ma il gusto non ha molto a che vedere con la tecnica); al contrario, in uk, in spagna, in belgio ne ho trovate decine, anche quelli alle prime armi, che pur non possedendo una gran tecnica, vedono pero’ il fashion in maniera molto piu’ moderna che la media milanese, forse perche’ vivendo in ambienti e culture fashion piu’ nuove si portano dietro molti meno retaggi e lacci col passato. volenti o nolenti, i conti con questa situazione, in italia, vanno fatti. non ultima per importanza, una domanda che puo’ sembrare provocatoria, ma non lo e’: dov’e’ in italia l’editoria di moda? voglio dire, se togliamo quelle 3 o 4 belle riviste di risonanza internazionale, e che spesso vedi anche tu che sono club privati, mi dici dov’e’ che vedi in italia un’editoria moderna, qualitativa, giovane, che ami sperimentare e tentare soluzioni diverse dal gia’ visto? in italia vedi forse sugli scaffali riviste italiane come tank, citizen-k, dazed&confused, another magazine, etc.? mancano, perche’ manca quel tipo di lettore, e quel tipo di cliente che voglia la sua pubblicita’ su di esse. in definitiva la situazione che descrivi, lamentandotene, fa parte di un circolo vizioso, e mi sembra riduttivo evidenziare un solo aspetto negativo -quello che ti fa piu’ comodo-, dimenticandosi di tutti gli altri, perche’ la situazione non si cambia certo (tranne che la personale vanita’) soltanto perche’ tu o qualche altro baldo giovane italiano inizia a pubblicare su vogue italia: son proprio l’ignoranza diffusa del bello e la mentalita’ conservatrice italiana, unita alla sua presunzione di essere lo state-of-the-art, che impedisce il decolo di nuove avanguardie italiane. detto cio’, ti auguro ogni fortuna in italia o altrove. ciao! walter

  13. Benedusi

    caro walter, ti ringrazio per il lungo post che hai voluto scrivere.
    sinceramente l’argomento mi sembra oramai trito e ritrito e sta incominciando a stufare persino me.
    andando avanti così passerò per vittima o per ingenuo don chisciotte , e io non voglio essere ne’ l’uno ne’ l’altro.
    il tuo lungo e appassionato intervento però mi impone (comunque volentieri…) di tornare sull’argomento.
    in verità mi è difficile scrivere ancora sulla cosa, perchè mi viene fuori un’incazzatura che faccio difficoltà a reprimere.
    io ho scritto questa lettera alla redazione di anna quasi due anni prima della trasmissione di report. non l’ho scritta “pro domo mea”, non l’ho scritta per dire “guardate come sono bravo, usate me”. assolutamente no. l’ho scritta per denunciare una situazione che è profondamente radicata in questo paese, mentre nessuno ha la voglia/coraggio/iniziativa di dire nulla.
    in italia da vent’anni non è usato nessun fotografo o team creativo italiano, cioè che lavori ed operi in questo paese. questa è la semplice verità.
    vorrei vedere se le radio italiane non trasmettessero nessun cantante italiano da vent’anni. e soprattutto vorrei vedere se il primo cantante italiano trasmesso dopo vent’anni fosse un parente della proprietario della radio.
    questa è la semplice e pure realtà dei fatti.
    i due nomi di fotografi che citi hanno solo il nome italiano.
    mario sorrenti, bravissimo fotografo, sta a new york dall’età di 10 anni. ti sembra italiano?
    paolo roversi, bravissimo fotografo, sta a parigi da 40 anni. ti sembra italiano?
    nella stessa maniera potresti dire che esistono validi politici italiani, come ad esempio tal mario cuomo, no?
    la prova finale di quello che dico è sempre la stessa domanda: walter, fammi il nome di un giovane (giovane non voglio dire di 20 anni, dico anche, pensa te! sottto i 50 anni!) fotografo italiano, che lavori in italia e che abbia un forte prestigio nazionale ed internazionale, che abbia le qualità, professionali e di status, di fare grosse campagne e grossi redazionali.
    ti aiuto io, non c’è.
    ci sono 4 nomi, che sono ferri, gastel, toscani e barbieri. i primi due sono nati con la rivista donna negli anni ottanta, gli ultimi due con la rivista vogue (l’uomo vogue il primo, vogue donna il secondo) negli anni settanta.
    poi, dal 1989 in poi, chiuso! basta! tutto finito!
    fammi ti prego un solo nome.
    un fotografo ha bisogno di una rivista per crescere e maturare.
    io non sono abbastanza bravo per fare vogue e gucci, hai perfettamente ragione. sono d’accordo con te. lo dico senza ironia. ma nessun’altro italiano che stia e lavori qui lo merita? proprio nessuno?!!?
    quando ho scritto queste righe mai avrei immaginato che mesi dopo una trasmissione seria come report si interessasse della cosa. veramente mai l’avrei pensato, mi sembra esistano argomenti ben più seri.
    invece, una giornalista strabrava e straseria come la sabrina giannini, si è occupata della cosa.sono felice ed orgoglioso di averla aiutata nelle sue indagini.
    non puoi neanche immaginare quanta gente che a telecamere spente diceva cose incredibili sul sistema poi a telecamere accese taceva. terrorizzato.
    perchè il problema vero, cazzo!, non è che è questione di gusti.
    non è questione di preferire questo o quello.
    è questione solo e semplicemente di precisi personali interessi.
    non fatemi dire di più.
    porca puttana, non fatemi dire di più.
    in questa vicenda io mi sono esposto molto, e ho avuto dei cazzi che neanche puoi immaginare.
    le cose forse sono cambiate?
    assolutamente no.
    ho fatto bene? ho fatto male?
    non voglio fare la vittima, vittima un cazzo, io lavoro e lavoro tutti i giorni.
    walter, credimi, la situazione è molto peggiore di come tu possa vagamente immaginare.
    c’è chi, come te, in maniera totalmente legittima, mi critica per aver detto troppo. io in verità mi critico per non aver detto abbastanza, vorrei avere i coglioni di denunciare urlando quello che tutti sanno, quello che nessuno ha il coraggio dire.
    perchè anche io, in fondo, sono un codardo come tutti gli altri.
    buona fortuna

  14. Benedusi

    caro walter, ti ringrazio per il lungo post che hai voluto scrivere.
    sinceramente l’argomento mi sembra oramai trito e ritrito e sta incominciando a stufare persino me.
    andando avanti così passerò per vittima o per ingenuo don chisciotte , e io non voglio essere ne’ l’uno ne’ l’altro.
    il tuo lungo e appassionato intervento però mi impone (comunque volentieri…) di tornare sull’argomento.
    in verità mi è difficile scrivere ancora sulla cosa, perchè mi viene fuori un’incazzatura che faccio difficoltà a reprimere.
    io ho scritto questa lettera alla redazione di anna quasi due anni prima della trasmissione di report. non l’ho scritta “pro domo mea”, non l’ho scritta per dire “guardate come sono bravo, usate me”. assolutamente no. l’ho scritta per denunciare una situazione che è profondamente radicata in questo paese, mentre nessuno ha la voglia/coraggio/iniziativa di dire nulla.
    in italia da vent’anni non è usato nessun fotografo o team creativo italiano, cioè che lavori ed operi in questo paese. questa è la semplice verità.
    vorrei vedere se le radio italiane non trasmettessero nessun cantante italiano da vent’anni. e soprattutto vorrei vedere se il primo cantante italiano trasmesso dopo vent’anni fosse un parente della proprietario della radio.
    questa è la semplice e pure realtà dei fatti.
    i due nomi di fotografi che citi hanno solo il nome italiano.
    mario sorrenti, bravissimo fotografo, sta a new york dall’età di 10 anni. ti sembra italiano?
    paolo roversi, bravissimo fotografo, sta a parigi da 40 anni. ti sembra italiano?
    nella stessa maniera potresti dire che esistono validi politici italiani, come ad esempio tal mario cuomo, no?
    la prova finale di quello che dico è sempre la stessa domanda: walter, fammi il nome di un giovane (giovane non voglio dire di 20 anni, dico anche, pensa te! sottto i 50 anni!) fotografo italiano, che lavori in italia e che abbia un forte prestigio nazionale ed internazionale, che abbia le qualità, professionali e di status, di fare grosse campagne e grossi redazionali.
    ti aiuto io, non c’è.
    ci sono 4 nomi, che sono ferri, gastel, toscani e barbieri. i primi due sono nati con la rivista donna negli anni ottanta, gli ultimi due con la rivista vogue (l’uomo vogue il primo, vogue donna il secondo) negli anni settanta.
    poi, dal 1989 in poi, chiuso! basta! tutto finito!
    fammi ti prego un solo nome.
    un fotografo ha bisogno di una rivista per crescere e maturare.
    io non sono abbastanza bravo per fare vogue e gucci, hai perfettamente ragione. sono d’accordo con te. lo dico senza ironia. ma nessun’altro italiano che stia e lavori qui lo merita? proprio nessuno?!!?
    quando ho scritto queste righe mai avrei immaginato che mesi dopo una trasmissione seria come report si interessasse della cosa. veramente mai l’avrei pensato, mi sembra esistano argomenti ben più seri.
    invece, una giornalista strabrava e straseria come la sabrina giannini, si è occupata della cosa.sono felice ed orgoglioso di averla aiutata nelle sue indagini.
    non puoi neanche immaginare quanta gente che a telecamere spente diceva cose incredibili sul sistema poi a telecamere accese taceva. terrorizzato.
    perchè il problema vero, cazzo!, non è che è questione di gusti.
    non è questione di preferire questo o quello.
    è questione solo e semplicemente di precisi personali interessi.
    non fatemi dire di più.
    porca puttana, non fatemi dire di più.
    in questa vicenda io mi sono esposto molto, e ho avuto dei cazzi che neanche puoi immaginare.
    le cose forse sono cambiate?
    assolutamente no.
    ho fatto bene? ho fatto male?
    non voglio fare la vittima, vittima un cazzo, io lavoro e lavoro tutti i giorni.
    walter, credimi, la situazione è molto peggiore di come tu possa vagamente immaginare.
    c’è chi, come te, in maniera totalmente legittima, mi critica per aver detto troppo. io in verità mi critico per non aver detto abbastanza, vorrei avere i coglioni di denunciare urlando quello che tutti sanno, quello che nessuno ha il coraggio dire.
    perchè anche io, in fondo, sono un codardo come tutti gli altri.
    buona fortuna

  15. Benedusi

    caro walter, ti ringrazio per il lungo post che hai voluto scrivere.
    sinceramente l’argomento mi sembra oramai trito e ritrito e sta incominciando a stufare persino me.
    andando avanti così passerò per vittima o per ingenuo don chisciotte , e io non voglio essere ne’ l’uno ne’ l’altro.
    il tuo lungo e appassionato intervento però mi impone (comunque volentieri…) di tornare sull’argomento.
    in verità mi è difficile scrivere ancora sulla cosa, perchè mi viene fuori un’incazzatura che faccio difficoltà a reprimere.
    io ho scritto questa lettera alla redazione di anna quasi due anni prima della trasmissione di report. non l’ho scritta “pro domo mea”, non l’ho scritta per dire “guardate come sono bravo, usate me”. assolutamente no. l’ho scritta per denunciare una situazione che è profondamente radicata in questo paese, mentre nessuno ha la voglia/coraggio/iniziativa di dire nulla.
    in italia da vent’anni non è usato nessun fotografo o team creativo italiano, cioè che lavori ed operi in questo paese. questa è la semplice verità.
    vorrei vedere se le radio italiane non trasmettessero nessun cantante italiano da vent’anni. e soprattutto vorrei vedere se il primo cantante italiano trasmesso dopo vent’anni fosse un parente della proprietario della radio.
    questa è la semplice e pure realtà dei fatti.
    i due nomi di fotografi che citi hanno solo il nome italiano.
    mario sorrenti, bravissimo fotografo, sta a new york dall’età di 10 anni. ti sembra italiano?
    paolo roversi, bravissimo fotografo, sta a parigi da 40 anni. ti sembra italiano?
    nella stessa maniera potresti dire che esistono validi politici italiani, come ad esempio tal mario cuomo, no?
    la prova finale di quello che dico è sempre la stessa domanda: walter, fammi il nome di un giovane (giovane non voglio dire di 20 anni, dico anche, pensa te! sottto i 50 anni!) fotografo italiano, che lavori in italia e che abbia un forte prestigio nazionale ed internazionale, che abbia le qualità, professionali e di status, di fare grosse campagne e grossi redazionali.
    ti aiuto io, non c’è.
    ci sono 4 nomi, che sono ferri, gastel, toscani e barbieri. i primi due sono nati con la rivista donna negli anni ottanta, gli ultimi due con la rivista vogue (l’uomo vogue il primo, vogue donna il secondo) negli anni settanta.
    poi, dal 1989 in poi, chiuso! basta! tutto finito!
    fammi ti prego un solo nome.
    un fotografo ha bisogno di una rivista per crescere e maturare.
    io non sono abbastanza bravo per fare vogue e gucci, hai perfettamente ragione. sono d’accordo con te. lo dico senza ironia. ma nessun’altro italiano che stia e lavori qui lo merita? proprio nessuno?!!?
    quando ho scritto queste righe mai avrei immaginato che mesi dopo una trasmissione seria come report si interessasse della cosa. veramente mai l’avrei pensato, mi sembra esistano argomenti ben più seri.
    invece, una giornalista strabrava e straseria come la sabrina giannini, si è occupata della cosa.sono felice ed orgoglioso di averla aiutata nelle sue indagini.
    non puoi neanche immaginare quanta gente che a telecamere spente diceva cose incredibili sul sistema poi a telecamere accese taceva. terrorizzato.
    perchè il problema vero, cazzo!, non è che è questione di gusti.
    non è questione di preferire questo o quello.
    è questione solo e semplicemente di precisi personali interessi.
    non fatemi dire di più.
    porca puttana, non fatemi dire di più.
    in questa vicenda io mi sono esposto molto, e ho avuto dei cazzi che neanche puoi immaginare.
    le cose forse sono cambiate?
    assolutamente no.
    ho fatto bene? ho fatto male?
    non voglio fare la vittima, vittima un cazzo, io lavoro e lavoro tutti i giorni.
    walter, credimi, la situazione è molto peggiore di come tu possa vagamente immaginare.
    c’è chi, come te, in maniera totalmente legittima, mi critica per aver detto troppo. io in verità mi critico per non aver detto abbastanza, vorrei avere i coglioni di denunciare urlando quello che tutti sanno, quello che nessuno ha il coraggio dire.
    perchè anche io, in fondo, sono un codardo come tutti gli altri.
    buona fortuna

  16. Benedusi

    caro walter, ti ringrazio per il lungo post che hai voluto scrivere.
    sinceramente l’argomento mi sembra oramai trito e ritrito e sta incominciando a stufare persino me.
    andando avanti così passerò per vittima o per ingenuo don chisciotte , e io non voglio essere ne’ l’uno ne’ l’altro.
    il tuo lungo e appassionato intervento però mi impone (comunque volentieri…) di tornare sull’argomento.
    in verità mi è difficile scrivere ancora sulla cosa, perchè mi viene fuori un’incazzatura che faccio difficoltà a reprimere.
    io ho scritto questa lettera alla redazione di anna quasi due anni prima della trasmissione di report. non l’ho scritta “pro domo mea”, non l’ho scritta per dire “guardate come sono bravo, usate me”. assolutamente no. l’ho scritta per denunciare una situazione che è profondamente radicata in questo paese, mentre nessuno ha la voglia/coraggio/iniziativa di dire nulla.
    in italia da vent’anni non è usato nessun fotografo o team creativo italiano, cioè che lavori ed operi in questo paese. questa è la semplice verità.
    vorrei vedere se le radio italiane non trasmettessero nessun cantante italiano da vent’anni. e soprattutto vorrei vedere se il primo cantante italiano trasmesso dopo vent’anni fosse un parente della proprietario della radio.
    questa è la semplice e pure realtà dei fatti.
    i due nomi di fotografi che citi hanno solo il nome italiano.
    mario sorrenti, bravissimo fotografo, sta a new york dall’età di 10 anni. ti sembra italiano?
    paolo roversi, bravissimo fotografo, sta a parigi da 40 anni. ti sembra italiano?
    nella stessa maniera potresti dire che esistono validi politici italiani, come ad esempio tal mario cuomo, no?
    la prova finale di quello che dico è sempre la stessa domanda: walter, fammi il nome di un giovane (giovane non voglio dire di 20 anni, dico anche, pensa te! sottto i 50 anni!) fotografo italiano, che lavori in italia e che abbia un forte prestigio nazionale ed internazionale, che abbia le qualità, professionali e di status, di fare grosse campagne e grossi redazionali.
    ti aiuto io, non c’è.
    ci sono 4 nomi, che sono ferri, gastel, toscani e barbieri. i primi due sono nati con la rivista donna negli anni ottanta, gli ultimi due con la rivista vogue (l’uomo vogue il primo, vogue donna il secondo) negli anni settanta.
    poi, dal 1989 in poi, chiuso! basta! tutto finito!
    fammi ti prego un solo nome.
    un fotografo ha bisogno di una rivista per crescere e maturare.
    io non sono abbastanza bravo per fare vogue e gucci, hai perfettamente ragione. sono d’accordo con te. lo dico senza ironia. ma nessun’altro italiano che stia e lavori qui lo merita? proprio nessuno?!!?
    quando ho scritto queste righe mai avrei immaginato che mesi dopo una trasmissione seria come report si interessasse della cosa. veramente mai l’avrei pensato, mi sembra esistano argomenti ben più seri.
    invece, una giornalista strabrava e straseria come la sabrina giannini, si è occupata della cosa.sono felice ed orgoglioso di averla aiutata nelle sue indagini.
    non puoi neanche immaginare quanta gente che a telecamere spente diceva cose incredibili sul sistema poi a telecamere accese taceva. terrorizzato.
    perchè il problema vero, cazzo!, non è che è questione di gusti.
    non è questione di preferire questo o quello.
    è questione solo e semplicemente di precisi personali interessi.
    non fatemi dire di più.
    porca puttana, non fatemi dire di più.
    in questa vicenda io mi sono esposto molto, e ho avuto dei cazzi che neanche puoi immaginare.
    le cose forse sono cambiate?
    assolutamente no.
    ho fatto bene? ho fatto male?
    non voglio fare la vittima, vittima un cazzo, io lavoro e lavoro tutti i giorni.
    walter, credimi, la situazione è molto peggiore di come tu possa vagamente immaginare.
    c’è chi, come te, in maniera totalmente legittima, mi critica per aver detto troppo. io in verità mi critico per non aver detto abbastanza, vorrei avere i coglioni di denunciare urlando quello che tutti sanno, quello che nessuno ha il coraggio dire.
    perchè anche io, in fondo, sono un codardo come tutti gli altri.
    buona fortuna

  17. walter ego

    caro settimio, ti ringrazio della risposta e per aver compreso lo spirito del mio intervento. comprendo il perche’ della tua incazzatura, non credere. non e’ che a noi servisse report per stanare alcune cose che chi e’ nell’ambiente conosce comunque da tempo (e loro si sono fermati a vogue italia, ma non e’ che il resto profumi di lavanda, no?). diciamo che il vasto pubblico ignorava certi meccanismi subdoli; ma tutto sommato che gliene frega al vasto pubblico di chi fa le foto per vogue italia o di chi recensisce l’ultima collezione della ferretti o di paciotti? e’ alla fine un discorso piu’ per quelli come me e te che per gli altri. cio’ non vuol dire che non vada affrontato (come andrebbero affrontate decine di altre situazioni simili nel belpaese, che sono fra i motivi piu’ gravi della situazione di triste declino morale, intellettuale ed economico dell’italia). detto cio’, e’ ovvio che, anche quando considerassimo sorrenti e roversi pienamente italiani, il discorso non starebbe in piedi ugualmente, perche’ pur sempre di soli due nomi si starebbe parlando: un po’ pochi. il mio era un mero appunto di un dato di fatto, per non farci accusare di generalizzare. c’e’ pero’ un altro dato di fatto che io avevo portato alla tua attenzione nel mio messaggio e sul quale non mi hai dato risposta: vuoi come conseguenza dell’ostracismo nostrano, vuoi come deficit culturale, io non vedo in italia tutti questi team di livello internazionale. tu li vedi? dove sono? fammi degli esempi. prendo atto che giustifichi questa carenza dandone la colpa alla “mancanza di spazi”: senza riviste che ti pubblicano, non puoi esprimerti, confrontarti e crescere. tutto vero, ma non in modo assoluto: si puo’ benissimo cominciare a crescere anche senza riviste e si puo’ benissimo trovare spazio su riviste straniere. se hai talento e consistenza, trovi i tuoi spazi. oggi internet ha aperto le frontiere (e per fortuna!): si prendono contatti via email, si spediscono i tiff su un server via ftp, tutto semplicissimo, ognuno di noi penso gia’ lo faccia regolarmente (io, mentre ti sto scrivendo col laptop seduto in un cafe’, nel frattempo sto uploadando dei tiff di un catalogo, tanto per dire…). per cui non trovo giustificata la giustificazione che tu dai di quello che ho evidenziato come un pesante handicap stilistico e culturale dei giovani fotografi italiani rispetto ai coetanei europei o americani. il problema davvero di base, settimio, al di la’ dei circoli privati e dei conflitti di interesse che pur ci sono, secondo me e’ che siamo provinciali come mentalita’. tutto qua. quando lavoravo in italia (senza esser nessuno) non ho trovato quella disponibilita’ a crescere e quell’apertura mentale che ho invece trovato all’estero (pur continuando ad esser nessuno). solo coincidenze sfortunate? penso sia una situazione nella quale ti sarai senz’altro imbattuto anche tu: in italia ognuno si sente mozart, ognuno mostra un discreto livello di puzza sotto al naso, quasi ti facesse un favore a lavorare, quasi che “tirarsela” fosse un segno di appartenenza alla casta. questo discorso diventa meno fastidioso quando c’e’ un cliente che paga o hai spazi per pubblicare; ma quando invece (mettiti nei panni di un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi) stai cercando di fare esperienza e ti sbatti per crescere, questo clima di “sufficienza” di cui sei circondato pensi che aiuti? la puzza sotto al naso mi sta anche bene se uno fosse davvero mozart. ma quando all’atto pratico i risultati mancano completamente di quell’ariosita’ e modernita’, di quella capacita’ di percepire l’onda delle tendenze, che invece vedi prepotentemente in team inglesi, belgi, tedeschi, francesi, olandesi, svedesi, danesi, spagnoli, e persino bulgari, polacchi, cechi, allora ti rendi conto di come l’italia sia culturalmente e mentalmente ferma. ed e’ questa la cosa grave. e non ci sono scuse da addebitare esclusivamente al sistema, alle riviste, alla politica: e’ questione di provincialismo culturale, di mancanza di voglia al confronto con quel che accade al di la’ delle alpi: in italia o si assimila acriticamente quel che e’ estero, o lo si snobba, non esiste un sano confronto. un esempio banale ma estremamente significativo: quanti ragazzi italiani conosci che parlino correntemente inglese e che siano in grado di gestire agevolmente una conversazione con degli stranieri? molti di piu’ di 10 anni fa, molti di piu’ di quanti ne trovi nella generazione dei nostri genitori, ma se diciamo 3 su 10, siamo ottimisti (dati europei). in italia pensiamo di essere i migliori, noi siamo la moda, quindi non dobbiamo imparare niente dagli altri, casomai insegnare. cazzate, e se ne vedono i risultati. per cui in un clima del genere, come puoi aspettarti che crescano e maturino team italiani che possano reggere in confronto con quelli esteri? se un cazzo di giovane truccatore ancora insiste a usare la matita per le labbra o due kili di fard, perche’ cosi’ gli ha insegnato il suo maestro cinquantenne, la colpa e’ del maestro di un’altra generazione o del giovane truccatore che non sente il bisogno di vedere cosa accade nel mondo oggi? tanto per dire, io in italia devo perdere piu’ tempo a dare indicazioni stilistiche sul makeup e sui capelli che a preparare il set o anche solo concentrarmi o rilassarmi. poi ci sono anche casi opposti, ma le poche brave persone che ho conosciuto giustamente se ne sono andate all’estero, dove solitamente viene premiato il merito, la qualita’, e non l’amicizia o il confortante gia’ visto. ed e’ il motivo per cui non capisco perche’ alla fine te la prendi tanto per la situazione italiana: andiamo all’estero a pubblicare, confrontiamoci con realta’ piu’ aperte, con stili diversi, culture diverse, se davvero abbiamo la qualita’ che pretendiamo di avere. io non sono fra quelli che urlano “l’italia agli italiani!”, in questo mi sento molto europeo, senza confini. non mi stanno certamente bene gli ostracismi di principio verso gli italiani: se ce ne fossero di team italiani di livello, sarebbe bello vederli lavorare in italia, accanto ai team stranieri. ma visto che lo spazio non c’e’, perche’ non realizzarsi all’estero? d’altronde se non cambia quella mentalita’ provinciale di cui parlavo prima, non potra’ cambiare nemmeno quello che gli gira attorno, ossia l’atmosfera cadaverica del panorama stilistico italiano (citi ferri, gastel, toscani, barbieri… che sono stati dei grandissimi della fotografia mondiale: ma appunto, “sono stati”… hanno tutti 50 anni e piu’… oggi le nuove leve dove sono? oggi che c’e’ internet, che c’e’ l’europa unita, oggi che ci sono i voli low-cost, i laptop a 500 euro, le macchine digitali, oggi che il mondo non e’ mai stato cosi’ piccolo e vicino, dove sono queste giovani leve? su quale palcoscenico si stanno confrontando? non esistono solo prada, gucci, d&g, vogue italia, eppure di fotografi italiani sulle grandi riviste straniere o nelle grandi campagne straniere quanti ce ne sono?). perdona la lunghezza di quest’ulteriore messaggio, il cielo uggioso in scala di grigio mi ha involontariamente spinto a protrarmi oltre il ragionevole. e anche l’upload e’ terminato da un pezzo. ciao. w

  18. walter ego

    caro settimio, ti ringrazio della risposta e per aver compreso lo spirito del mio intervento. comprendo il perche’ della tua incazzatura, non credere. non e’ che a noi servisse report per stanare alcune cose che chi e’ nell’ambiente conosce comunque da tempo (e loro si sono fermati a vogue italia, ma non e’ che il resto profumi di lavanda, no?). diciamo che il vasto pubblico ignorava certi meccanismi subdoli; ma tutto sommato che gliene frega al vasto pubblico di chi fa le foto per vogue italia o di chi recensisce l’ultima collezione della ferretti o di paciotti? e’ alla fine un discorso piu’ per quelli come me e te che per gli altri. cio’ non vuol dire che non vada affrontato (come andrebbero affrontate decine di altre situazioni simili nel belpaese, che sono fra i motivi piu’ gravi della situazione di triste declino morale, intellettuale ed economico dell’italia). detto cio’, e’ ovvio che, anche quando considerassimo sorrenti e roversi pienamente italiani, il discorso non starebbe in piedi ugualmente, perche’ pur sempre di soli due nomi si starebbe parlando: un po’ pochi. il mio era un mero appunto di un dato di fatto, per non farci accusare di generalizzare. c’e’ pero’ un altro dato di fatto che io avevo portato alla tua attenzione nel mio messaggio e sul quale non mi hai dato risposta: vuoi come conseguenza dell’ostracismo nostrano, vuoi come deficit culturale, io non vedo in italia tutti questi team di livello internazionale. tu li vedi? dove sono? fammi degli esempi. prendo atto che giustifichi questa carenza dandone la colpa alla “mancanza di spazi”: senza riviste che ti pubblicano, non puoi esprimerti, confrontarti e crescere. tutto vero, ma non in modo assoluto: si puo’ benissimo cominciare a crescere anche senza riviste e si puo’ benissimo trovare spazio su riviste straniere. se hai talento e consistenza, trovi i tuoi spazi. oggi internet ha aperto le frontiere (e per fortuna!): si prendono contatti via email, si spediscono i tiff su un server via ftp, tutto semplicissimo, ognuno di noi penso gia’ lo faccia regolarmente (io, mentre ti sto scrivendo col laptop seduto in un cafe’, nel frattempo sto uploadando dei tiff di un catalogo, tanto per dire…). per cui non trovo giustificata la giustificazione che tu dai di quello che ho evidenziato come un pesante handicap stilistico e culturale dei giovani fotografi italiani rispetto ai coetanei europei o americani. il problema davvero di base, settimio, al di la’ dei circoli privati e dei conflitti di interesse che pur ci sono, secondo me e’ che siamo provinciali come mentalita’. tutto qua. quando lavoravo in italia (senza esser nessuno) non ho trovato quella disponibilita’ a crescere e quell’apertura mentale che ho invece trovato all’estero (pur continuando ad esser nessuno). solo coincidenze sfortunate? penso sia una situazione nella quale ti sarai senz’altro imbattuto anche tu: in italia ognuno si sente mozart, ognuno mostra un discreto livello di puzza sotto al naso, quasi ti facesse un favore a lavorare, quasi che “tirarsela” fosse un segno di appartenenza alla casta. questo discorso diventa meno fastidioso quando c’e’ un cliente che paga o hai spazi per pubblicare; ma quando invece (mettiti nei panni di un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi) stai cercando di fare esperienza e ti sbatti per crescere, questo clima di “sufficienza” di cui sei circondato pensi che aiuti? la puzza sotto al naso mi sta anche bene se uno fosse davvero mozart. ma quando all’atto pratico i risultati mancano completamente di quell’ariosita’ e modernita’, di quella capacita’ di percepire l’onda delle tendenze, che invece vedi prepotentemente in team inglesi, belgi, tedeschi, francesi, olandesi, svedesi, danesi, spagnoli, e persino bulgari, polacchi, cechi, allora ti rendi conto di come l’italia sia culturalmente e mentalmente ferma. ed e’ questa la cosa grave. e non ci sono scuse da addebitare esclusivamente al sistema, alle riviste, alla politica: e’ questione di provincialismo culturale, di mancanza di voglia al confronto con quel che accade al di la’ delle alpi: in italia o si assimila acriticamente quel che e’ estero, o lo si snobba, non esiste un sano confronto. un esempio banale ma estremamente significativo: quanti ragazzi italiani conosci che parlino correntemente inglese e che siano in grado di gestire agevolmente una conversazione con degli stranieri? molti di piu’ di 10 anni fa, molti di piu’ di quanti ne trovi nella generazione dei nostri genitori, ma se diciamo 3 su 10, siamo ottimisti (dati europei). in italia pensiamo di essere i migliori, noi siamo la moda, quindi non dobbiamo imparare niente dagli altri, casomai insegnare. cazzate, e se ne vedono i risultati. per cui in un clima del genere, come puoi aspettarti che crescano e maturino team italiani che possano reggere in confronto con quelli esteri? se un cazzo di giovane truccatore ancora insiste a usare la matita per le labbra o due kili di fard, perche’ cosi’ gli ha insegnato il suo maestro cinquantenne, la colpa e’ del maestro di un’altra generazione o del giovane truccatore che non sente il bisogno di vedere cosa accade nel mondo oggi? tanto per dire, io in italia devo perdere piu’ tempo a dare indicazioni stilistiche sul makeup e sui capelli che a preparare il set o anche solo concentrarmi o rilassarmi. poi ci sono anche casi opposti, ma le poche brave persone che ho conosciuto giustamente se ne sono andate all’estero, dove solitamente viene premiato il merito, la qualita’, e non l’amicizia o il confortante gia’ visto. ed e’ il motivo per cui non capisco perche’ alla fine te la prendi tanto per la situazione italiana: andiamo all’estero a pubblicare, confrontiamoci con realta’ piu’ aperte, con stili diversi, culture diverse, se davvero abbiamo la qualita’ che pretendiamo di avere. io non sono fra quelli che urlano “l’italia agli italiani!”, in questo mi sento molto europeo, senza confini. non mi stanno certamente bene gli ostracismi di principio verso gli italiani: se ce ne fossero di team italiani di livello, sarebbe bello vederli lavorare in italia, accanto ai team stranieri. ma visto che lo spazio non c’e’, perche’ non realizzarsi all’estero? d’altronde se non cambia quella mentalita’ provinciale di cui parlavo prima, non potra’ cambiare nemmeno quello che gli gira attorno, ossia l’atmosfera cadaverica del panorama stilistico italiano (citi ferri, gastel, toscani, barbieri… che sono stati dei grandissimi della fotografia mondiale: ma appunto, “sono stati”… hanno tutti 50 anni e piu’… oggi le nuove leve dove sono? oggi che c’e’ internet, che c’e’ l’europa unita, oggi che ci sono i voli low-cost, i laptop a 500 euro, le macchine digitali, oggi che il mondo non e’ mai stato cosi’ piccolo e vicino, dove sono queste giovani leve? su quale palcoscenico si stanno confrontando? non esistono solo prada, gucci, d&g, vogue italia, eppure di fotografi italiani sulle grandi riviste straniere o nelle grandi campagne straniere quanti ce ne sono?). perdona la lunghezza di quest’ulteriore messaggio, il cielo uggioso in scala di grigio mi ha involontariamente spinto a protrarmi oltre il ragionevole. e anche l’upload e’ terminato da un pezzo. ciao. w

  19. walter ego

    caro settimio, ti ringrazio della risposta e per aver compreso lo spirito del mio intervento. comprendo il perche’ della tua incazzatura, non credere. non e’ che a noi servisse report per stanare alcune cose che chi e’ nell’ambiente conosce comunque da tempo (e loro si sono fermati a vogue italia, ma non e’ che il resto profumi di lavanda, no?). diciamo che il vasto pubblico ignorava certi meccanismi subdoli; ma tutto sommato che gliene frega al vasto pubblico di chi fa le foto per vogue italia o di chi recensisce l’ultima collezione della ferretti o di paciotti? e’ alla fine un discorso piu’ per quelli come me e te che per gli altri. cio’ non vuol dire che non vada affrontato (come andrebbero affrontate decine di altre situazioni simili nel belpaese, che sono fra i motivi piu’ gravi della situazione di triste declino morale, intellettuale ed economico dell’italia). detto cio’, e’ ovvio che, anche quando considerassimo sorrenti e roversi pienamente italiani, il discorso non starebbe in piedi ugualmente, perche’ pur sempre di soli due nomi si starebbe parlando: un po’ pochi. il mio era un mero appunto di un dato di fatto, per non farci accusare di generalizzare. c’e’ pero’ un altro dato di fatto che io avevo portato alla tua attenzione nel mio messaggio e sul quale non mi hai dato risposta: vuoi come conseguenza dell’ostracismo nostrano, vuoi come deficit culturale, io non vedo in italia tutti questi team di livello internazionale. tu li vedi? dove sono? fammi degli esempi. prendo atto che giustifichi questa carenza dandone la colpa alla “mancanza di spazi”: senza riviste che ti pubblicano, non puoi esprimerti, confrontarti e crescere. tutto vero, ma non in modo assoluto: si puo’ benissimo cominciare a crescere anche senza riviste e si puo’ benissimo trovare spazio su riviste straniere. se hai talento e consistenza, trovi i tuoi spazi. oggi internet ha aperto le frontiere (e per fortuna!): si prendono contatti via email, si spediscono i tiff su un server via ftp, tutto semplicissimo, ognuno di noi penso gia’ lo faccia regolarmente (io, mentre ti sto scrivendo col laptop seduto in un cafe’, nel frattempo sto uploadando dei tiff di un catalogo, tanto per dire…). per cui non trovo giustificata la giustificazione che tu dai di quello che ho evidenziato come un pesante handicap stilistico e culturale dei giovani fotografi italiani rispetto ai coetanei europei o americani. il problema davvero di base, settimio, al di la’ dei circoli privati e dei conflitti di interesse che pur ci sono, secondo me e’ che siamo provinciali come mentalita’. tutto qua. quando lavoravo in italia (senza esser nessuno) non ho trovato quella disponibilita’ a crescere e quell’apertura mentale che ho invece trovato all’estero (pur continuando ad esser nessuno). solo coincidenze sfortunate? penso sia una situazione nella quale ti sarai senz’altro imbattuto anche tu: in italia ognuno si sente mozart, ognuno mostra un discreto livello di puzza sotto al naso, quasi ti facesse un favore a lavorare, quasi che “tirarsela” fosse un segno di appartenenza alla casta. questo discorso diventa meno fastidioso quando c’e’ un cliente che paga o hai spazi per pubblicare; ma quando invece (mettiti nei panni di un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi) stai cercando di fare esperienza e ti sbatti per crescere, questo clima di “sufficienza” di cui sei circondato pensi che aiuti? la puzza sotto al naso mi sta anche bene se uno fosse davvero mozart. ma quando all’atto pratico i risultati mancano completamente di quell’ariosita’ e modernita’, di quella capacita’ di percepire l’onda delle tendenze, che invece vedi prepotentemente in team inglesi, belgi, tedeschi, francesi, olandesi, svedesi, danesi, spagnoli, e persino bulgari, polacchi, cechi, allora ti rendi conto di come l’italia sia culturalmente e mentalmente ferma. ed e’ questa la cosa grave. e non ci sono scuse da addebitare esclusivamente al sistema, alle riviste, alla politica: e’ questione di provincialismo culturale, di mancanza di voglia al confronto con quel che accade al di la’ delle alpi: in italia o si assimila acriticamente quel che e’ estero, o lo si snobba, non esiste un sano confronto. un esempio banale ma estremamente significativo: quanti ragazzi italiani conosci che parlino correntemente inglese e che siano in grado di gestire agevolmente una conversazione con degli stranieri? molti di piu’ di 10 anni fa, molti di piu’ di quanti ne trovi nella generazione dei nostri genitori, ma se diciamo 3 su 10, siamo ottimisti (dati europei). in italia pensiamo di essere i migliori, noi siamo la moda, quindi non dobbiamo imparare niente dagli altri, casomai insegnare. cazzate, e se ne vedono i risultati. per cui in un clima del genere, come puoi aspettarti che crescano e maturino team italiani che possano reggere in confronto con quelli esteri? se un cazzo di giovane truccatore ancora insiste a usare la matita per le labbra o due kili di fard, perche’ cosi’ gli ha insegnato il suo maestro cinquantenne, la colpa e’ del maestro di un’altra generazione o del giovane truccatore che non sente il bisogno di vedere cosa accade nel mondo oggi? tanto per dire, io in italia devo perdere piu’ tempo a dare indicazioni stilistiche sul makeup e sui capelli che a preparare il set o anche solo concentrarmi o rilassarmi. poi ci sono anche casi opposti, ma le poche brave persone che ho conosciuto giustamente se ne sono andate all’estero, dove solitamente viene premiato il merito, la qualita’, e non l’amicizia o il confortante gia’ visto. ed e’ il motivo per cui non capisco perche’ alla fine te la prendi tanto per la situazione italiana: andiamo all’estero a pubblicare, confrontiamoci con realta’ piu’ aperte, con stili diversi, culture diverse, se davvero abbiamo la qualita’ che pretendiamo di avere. io non sono fra quelli che urlano “l’italia agli italiani!”, in questo mi sento molto europeo, senza confini. non mi stanno certamente bene gli ostracismi di principio verso gli italiani: se ce ne fossero di team italiani di livello, sarebbe bello vederli lavorare in italia, accanto ai team stranieri. ma visto che lo spazio non c’e’, perche’ non realizzarsi all’estero? d’altronde se non cambia quella mentalita’ provinciale di cui parlavo prima, non potra’ cambiare nemmeno quello che gli gira attorno, ossia l’atmosfera cadaverica del panorama stilistico italiano (citi ferri, gastel, toscani, barbieri… che sono stati dei grandissimi della fotografia mondiale: ma appunto, “sono stati”… hanno tutti 50 anni e piu’… oggi le nuove leve dove sono? oggi che c’e’ internet, che c’e’ l’europa unita, oggi che ci sono i voli low-cost, i laptop a 500 euro, le macchine digitali, oggi che il mondo non e’ mai stato cosi’ piccolo e vicino, dove sono queste giovani leve? su quale palcoscenico si stanno confrontando? non esistono solo prada, gucci, d&g, vogue italia, eppure di fotografi italiani sulle grandi riviste straniere o nelle grandi campagne straniere quanti ce ne sono?). perdona la lunghezza di quest’ulteriore messaggio, il cielo uggioso in scala di grigio mi ha involontariamente spinto a protrarmi oltre il ragionevole. e anche l’upload e’ terminato da un pezzo. ciao. w

  20. walter ego

    caro settimio, ti ringrazio della risposta e per aver compreso lo spirito del mio intervento. comprendo il perche’ della tua incazzatura, non credere. non e’ che a noi servisse report per stanare alcune cose che chi e’ nell’ambiente conosce comunque da tempo (e loro si sono fermati a vogue italia, ma non e’ che il resto profumi di lavanda, no?). diciamo che il vasto pubblico ignorava certi meccanismi subdoli; ma tutto sommato che gliene frega al vasto pubblico di chi fa le foto per vogue italia o di chi recensisce l’ultima collezione della ferretti o di paciotti? e’ alla fine un discorso piu’ per quelli come me e te che per gli altri. cio’ non vuol dire che non vada affrontato (come andrebbero affrontate decine di altre situazioni simili nel belpaese, che sono fra i motivi piu’ gravi della situazione di triste declino morale, intellettuale ed economico dell’italia). detto cio’, e’ ovvio che, anche quando considerassimo sorrenti e roversi pienamente italiani, il discorso non starebbe in piedi ugualmente, perche’ pur sempre di soli due nomi si starebbe parlando: un po’ pochi. il mio era un mero appunto di un dato di fatto, per non farci accusare di generalizzare. c’e’ pero’ un altro dato di fatto che io avevo portato alla tua attenzione nel mio messaggio e sul quale non mi hai dato risposta: vuoi come conseguenza dell’ostracismo nostrano, vuoi come deficit culturale, io non vedo in italia tutti questi team di livello internazionale. tu li vedi? dove sono? fammi degli esempi. prendo atto che giustifichi questa carenza dandone la colpa alla “mancanza di spazi”: senza riviste che ti pubblicano, non puoi esprimerti, confrontarti e crescere. tutto vero, ma non in modo assoluto: si puo’ benissimo cominciare a crescere anche senza riviste e si puo’ benissimo trovare spazio su riviste straniere. se hai talento e consistenza, trovi i tuoi spazi. oggi internet ha aperto le frontiere (e per fortuna!): si prendono contatti via email, si spediscono i tiff su un server via ftp, tutto semplicissimo, ognuno di noi penso gia’ lo faccia regolarmente (io, mentre ti sto scrivendo col laptop seduto in un cafe’, nel frattempo sto uploadando dei tiff di un catalogo, tanto per dire…). per cui non trovo giustificata la giustificazione che tu dai di quello che ho evidenziato come un pesante handicap stilistico e culturale dei giovani fotografi italiani rispetto ai coetanei europei o americani. il problema davvero di base, settimio, al di la’ dei circoli privati e dei conflitti di interesse che pur ci sono, secondo me e’ che siamo provinciali come mentalita’. tutto qua. quando lavoravo in italia (senza esser nessuno) non ho trovato quella disponibilita’ a crescere e quell’apertura mentale che ho invece trovato all’estero (pur continuando ad esser nessuno). solo coincidenze sfortunate? penso sia una situazione nella quale ti sarai senz’altro imbattuto anche tu: in italia ognuno si sente mozart, ognuno mostra un discreto livello di puzza sotto al naso, quasi ti facesse un favore a lavorare, quasi che “tirarsela” fosse un segno di appartenenza alla casta. questo discorso diventa meno fastidioso quando c’e’ un cliente che paga o hai spazi per pubblicare; ma quando invece (mettiti nei panni di un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi) stai cercando di fare esperienza e ti sbatti per crescere, questo clima di “sufficienza” di cui sei circondato pensi che aiuti? la puzza sotto al naso mi sta anche bene se uno fosse davvero mozart. ma quando all’atto pratico i risultati mancano completamente di quell’ariosita’ e modernita’, di quella capacita’ di percepire l’onda delle tendenze, che invece vedi prepotentemente in team inglesi, belgi, tedeschi, francesi, olandesi, svedesi, danesi, spagnoli, e persino bulgari, polacchi, cechi, allora ti rendi conto di come l’italia sia culturalmente e mentalmente ferma. ed e’ questa la cosa grave. e non ci sono scuse da addebitare esclusivamente al sistema, alle riviste, alla politica: e’ questione di provincialismo culturale, di mancanza di voglia al confronto con quel che accade al di la’ delle alpi: in italia o si assimila acriticamente quel che e’ estero, o lo si snobba, non esiste un sano confronto. un esempio banale ma estremamente significativo: quanti ragazzi italiani conosci che parlino correntemente inglese e che siano in grado di gestire agevolmente una conversazione con degli stranieri? molti di piu’ di 10 anni fa, molti di piu’ di quanti ne trovi nella generazione dei nostri genitori, ma se diciamo 3 su 10, siamo ottimisti (dati europei). in italia pensiamo di essere i migliori, noi siamo la moda, quindi non dobbiamo imparare niente dagli altri, casomai insegnare. cazzate, e se ne vedono i risultati. per cui in un clima del genere, come puoi aspettarti che crescano e maturino team italiani che possano reggere in confronto con quelli esteri? se un cazzo di giovane truccatore ancora insiste a usare la matita per le labbra o due kili di fard, perche’ cosi’ gli ha insegnato il suo maestro cinquantenne, la colpa e’ del maestro di un’altra generazione o del giovane truccatore che non sente il bisogno di vedere cosa accade nel mondo oggi? tanto per dire, io in italia devo perdere piu’ tempo a dare indicazioni stilistiche sul makeup e sui capelli che a preparare il set o anche solo concentrarmi o rilassarmi. poi ci sono anche casi opposti, ma le poche brave persone che ho conosciuto giustamente se ne sono andate all’estero, dove solitamente viene premiato il merito, la qualita’, e non l’amicizia o il confortante gia’ visto. ed e’ il motivo per cui non capisco perche’ alla fine te la prendi tanto per la situazione italiana: andiamo all’estero a pubblicare, confrontiamoci con realta’ piu’ aperte, con stili diversi, culture diverse, se davvero abbiamo la qualita’ che pretendiamo di avere. io non sono fra quelli che urlano “l’italia agli italiani!”, in questo mi sento molto europeo, senza confini. non mi stanno certamente bene gli ostracismi di principio verso gli italiani: se ce ne fossero di team italiani di livello, sarebbe bello vederli lavorare in italia, accanto ai team stranieri. ma visto che lo spazio non c’e’, perche’ non realizzarsi all’estero? d’altronde se non cambia quella mentalita’ provinciale di cui parlavo prima, non potra’ cambiare nemmeno quello che gli gira attorno, ossia l’atmosfera cadaverica del panorama stilistico italiano (citi ferri, gastel, toscani, barbieri… che sono stati dei grandissimi della fotografia mondiale: ma appunto, “sono stati”… hanno tutti 50 anni e piu’… oggi le nuove leve dove sono? oggi che c’e’ internet, che c’e’ l’europa unita, oggi che ci sono i voli low-cost, i laptop a 500 euro, le macchine digitali, oggi che il mondo non e’ mai stato cosi’ piccolo e vicino, dove sono queste giovani leve? su quale palcoscenico si stanno confrontando? non esistono solo prada, gucci, d&g, vogue italia, eppure di fotografi italiani sulle grandi riviste straniere o nelle grandi campagne straniere quanti ce ne sono?). perdona la lunghezza di quest’ulteriore messaggio, il cielo uggioso in scala di grigio mi ha involontariamente spinto a protrarmi oltre il ragionevole. e anche l’upload e’ terminato da un pezzo. ciao. w

  21. stefano

    …erhm…

    …stavo cercando una foto di Alix Malka di un suo redazionale di un paio di anni fa, e mi sono imbattuto su questo scambio.

    …mammamia quanto è interessante.

    Due parole solo:

    a) Settimio, credo che Walter l’abbia proprio centrata tutta la questua. L’unica cosa che i cinesi non ci possono copiare è la nostra immaginazione, cultura e fantasia, ma non nostra nel senso di italiani, ma di uomini pensanti nel villaggio globale dove tutto si uploada via ftp.

    Per inciso, l’anno scorso ho mandato un file via ftp. E’ una campagna pubblicitaria che gira per tutta la Russia, di un caffè. 16 metri per 12 è la dimensione del poster. Mi hanno contattato via internet, fatto il lavoro a Budapest, pagato ai massimi livelli del tariffario TAU VISUAL alla consegna e mi sono pure tolto lo sfizio di vedere l’effetto che fa arrivare all’aereoporto di Mosca e vedere la mia foto che campeggia sul check in.

    Continuo a non essere cacato di striscio in italia. So fucking what? Perchè scusa, io l’Italia me la sto considerando???

    b) scusate tanto, ma se il problema è solo quello di avere editori che aprono le porte, perchè non farsi una rivista di moda on line? E’ il costo della carta che rallenta tutto, giusto? O l’idea imprenditoriale che manca? O veramente alla fine,come walter sottolinea giustamente, in Italia non c’è un bel nulla di fotograficamente valido?

    …c’è chi la rivista di moda la sta facendo. Da anni.

    iconique.com
    zoozoom.com
    anothermag.com
    republicoffashion.com
    ecc ecc

    Ora, se i fotografi non parlano inglese, è enormemente grave, ma nn perchè fanno i fotografi, ma perchè l’italiano, come tutte le altre lingue del mondo che si parlano solo in un paese, non apre le porte di internet. Quindi non si è competitivi, e continueranno a entrare fotografi stranieri, che sono più avanti solo magari perchè roescono a usare meglio internet anche solo per vedere i lavori degli altri.

    O no?

    Ciao

    Stefano

  22. stefano

    …erhm…

    …stavo cercando una foto di Alix Malka di un suo redazionale di un paio di anni fa, e mi sono imbattuto su questo scambio.

    …mammamia quanto è interessante.

    Due parole solo:

    a) Settimio, credo che Walter l’abbia proprio centrata tutta la questua. L’unica cosa che i cinesi non ci possono copiare è la nostra immaginazione, cultura e fantasia, ma non nostra nel senso di italiani, ma di uomini pensanti nel villaggio globale dove tutto si uploada via ftp.

    Per inciso, l’anno scorso ho mandato un file via ftp. E’ una campagna pubblicitaria che gira per tutta la Russia, di un caffè. 16 metri per 12 è la dimensione del poster. Mi hanno contattato via internet, fatto il lavoro a Budapest, pagato ai massimi livelli del tariffario TAU VISUAL alla consegna e mi sono pure tolto lo sfizio di vedere l’effetto che fa arrivare all’aereoporto di Mosca e vedere la mia foto che campeggia sul check in.

    Continuo a non essere cacato di striscio in italia. So fucking what? Perchè scusa, io l’Italia me la sto considerando???

    b) scusate tanto, ma se il problema è solo quello di avere editori che aprono le porte, perchè non farsi una rivista di moda on line? E’ il costo della carta che rallenta tutto, giusto? O l’idea imprenditoriale che manca? O veramente alla fine,come walter sottolinea giustamente, in Italia non c’è un bel nulla di fotograficamente valido?

    …c’è chi la rivista di moda la sta facendo. Da anni.

    iconique.com
    zoozoom.com
    anothermag.com
    republicoffashion.com
    ecc ecc

    Ora, se i fotografi non parlano inglese, è enormemente grave, ma nn perchè fanno i fotografi, ma perchè l’italiano, come tutte le altre lingue del mondo che si parlano solo in un paese, non apre le porte di internet. Quindi non si è competitivi, e continueranno a entrare fotografi stranieri, che sono più avanti solo magari perchè roescono a usare meglio internet anche solo per vedere i lavori degli altri.

    O no?

    Ciao

    Stefano

  23. stefano

    …erhm…

    …stavo cercando una foto di Alix Malka di un suo redazionale di un paio di anni fa, e mi sono imbattuto su questo scambio.

    …mammamia quanto è interessante.

    Due parole solo:

    a) Settimio, credo che Walter l’abbia proprio centrata tutta la questua. L’unica cosa che i cinesi non ci possono copiare è la nostra immaginazione, cultura e fantasia, ma non nostra nel senso di italiani, ma di uomini pensanti nel villaggio globale dove tutto si uploada via ftp.

    Per inciso, l’anno scorso ho mandato un file via ftp. E’ una campagna pubblicitaria che gira per tutta la Russia, di un caffè. 16 metri per 12 è la dimensione del poster. Mi hanno contattato via internet, fatto il lavoro a Budapest, pagato ai massimi livelli del tariffario TAU VISUAL alla consegna e mi sono pure tolto lo sfizio di vedere l’effetto che fa arrivare all’aereoporto di Mosca e vedere la mia foto che campeggia sul check in.

    Continuo a non essere cacato di striscio in italia. So fucking what? Perchè scusa, io l’Italia me la sto considerando???

    b) scusate tanto, ma se il problema è solo quello di avere editori che aprono le porte, perchè non farsi una rivista di moda on line? E’ il costo della carta che rallenta tutto, giusto? O l’idea imprenditoriale che manca? O veramente alla fine,come walter sottolinea giustamente, in Italia non c’è un bel nulla di fotograficamente valido?

    …c’è chi la rivista di moda la sta facendo. Da anni.

    iconique.com
    zoozoom.com
    anothermag.com
    republicoffashion.com
    ecc ecc

    Ora, se i fotografi non parlano inglese, è enormemente grave, ma nn perchè fanno i fotografi, ma perchè l’italiano, come tutte le altre lingue del mondo che si parlano solo in un paese, non apre le porte di internet. Quindi non si è competitivi, e continueranno a entrare fotografi stranieri, che sono più avanti solo magari perchè roescono a usare meglio internet anche solo per vedere i lavori degli altri.

    O no?

    Ciao

    Stefano

  24. stefano

    …erhm…

    …stavo cercando una foto di Alix Malka di un suo redazionale di un paio di anni fa, e mi sono imbattuto su questo scambio.

    …mammamia quanto è interessante.

    Due parole solo:

    a) Settimio, credo che Walter l’abbia proprio centrata tutta la questua. L’unica cosa che i cinesi non ci possono copiare è la nostra immaginazione, cultura e fantasia, ma non nostra nel senso di italiani, ma di uomini pensanti nel villaggio globale dove tutto si uploada via ftp.

    Per inciso, l’anno scorso ho mandato un file via ftp. E’ una campagna pubblicitaria che gira per tutta la Russia, di un caffè. 16 metri per 12 è la dimensione del poster. Mi hanno contattato via internet, fatto il lavoro a Budapest, pagato ai massimi livelli del tariffario TAU VISUAL alla consegna e mi sono pure tolto lo sfizio di vedere l’effetto che fa arrivare all’aereoporto di Mosca e vedere la mia foto che campeggia sul check in.

    Continuo a non essere cacato di striscio in italia. So fucking what? Perchè scusa, io l’Italia me la sto considerando???

    b) scusate tanto, ma se il problema è solo quello di avere editori che aprono le porte, perchè non farsi una rivista di moda on line? E’ il costo della carta che rallenta tutto, giusto? O l’idea imprenditoriale che manca? O veramente alla fine,come walter sottolinea giustamente, in Italia non c’è un bel nulla di fotograficamente valido?

    …c’è chi la rivista di moda la sta facendo. Da anni.

    iconique.com
    zoozoom.com
    anothermag.com
    republicoffashion.com
    ecc ecc

    Ora, se i fotografi non parlano inglese, è enormemente grave, ma nn perchè fanno i fotografi, ma perchè l’italiano, come tutte le altre lingue del mondo che si parlano solo in un paese, non apre le porte di internet. Quindi non si è competitivi, e continueranno a entrare fotografi stranieri, che sono più avanti solo magari perchè roescono a usare meglio internet anche solo per vedere i lavori degli altri.

    O no?

    Ciao

    Stefano

  25. Daniele

    Ciao Settimio, innanzi tutto devi sapere che sono un tuo grande estimatore e non intendo solo professionalmente parlando ma mi riferisco più in particolare al tuo pensiero filosofico riguardo al mondo della fotografia. Ho seguito attentamente questa interessante discussione e posso immaginare con quanta rabbia tu possa sostenere le tue tesi. Io sono quello che Walter definisce “un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi” e ti dirò che da quando ho terminato gli studi allo ied di Torino mi sono solo imbattuto in persone che mi consigliavano di farmi un’esperienza all’estero (compresi i miei professori). All’inizio mi sono chiesto se fosse così determinante ai fini della mia crescita dover trascorrere un periodo negli states, mi veniva da pensare che le stesse cose che puoi fare altrove le potresti benissimo fare in Italia. Quindi ho iniziato a lavorare sodo, ho speso tempo e denaro per partecipare a varie conferenze, parlare con colleghi affermati e ho iniziato a bussare a tutte le porte…Il risultato di tutti i miei sforzi si pùò tradurre in questi termini: ” ma perchè non considera l’idea di farsi un esperienza all’estero…” (quando andava bene, perchè molte volte non mi è stata data neanche la possibilità di avere un colloquio). Mi sono quindi meglio documentato su quello che stava a monte di tutto questo e sono arrivato alla conclusione che in Italia non abbiamo persone e soprattutto un sistema, in grado di far crescere qualitativamente la fotografia. Dare la possibilità di crescere ad un giovane fotografo è un rischio! Da queste parti evidentemente non esiste nessuno che ha le palle di correre dei rischi. Siamo giudicati da persone “anziane” che vogliono la pappa pronta. Un photo editor italiano è una persona che non ha una specifica formazione professionale ( non esiste un corso universitario di photo editing a parte qualcosa che stanno cercando di fare alla Bauer ) sono persone che si formano sul campo, giornalisti con una buona conoscenza della fotografia. Se poi pensiamo che le stesse persone hanno il compito di giudicare e di selezionare i fotografi è presto detto…
    Ha ragione Walter quando dice che il livello qualitativo estero è di gran lunga superiore al nostro ma bisognerebbe riflettere sulle cause che hanno portato a questo, sul perchè in Italia non si investa più sulla fotografia nostrana.
    Non è che forse di questi tempi fa più figo dire che tale campagna pubblicitaria è affidata ad un ph newyorkese piuttosto che ad un ph di Latina??? Non voglio passare per il patriottico della situazione anzi, come ho già detto non ho problemi ad ammettere la superiorità oltralpe, ma da che mondo è mondo la creatività genera creatività…va da sè che in un paese dove ti viene permesso di dare libero sfogo alla tua immaginazione la tua crescita qualitativa non ha limiti.
    …Forse sarebbe meglio togliere qualche ragnatela dalle redazioni dei nostri editiali no? …magari andando a cercare qualche picture editor all’estero al posto dei vari art director, grafico, ricerca immagine o iconografica, photo consultant o image consultant, ecc…

    Comunque a me è venuto il naso piatto a forza di prendermi porte in faccia, forse dovrei trovarmi uno pseudonimo…

    P.S. E’ sempre un piacere venire a dare una sbirciata ai tui lavori Settimio, ho guardato anche i tuoi valter…carini

  26. Daniele

    Ciao Settimio, innanzi tutto devi sapere che sono un tuo grande estimatore e non intendo solo professionalmente parlando ma mi riferisco più in particolare al tuo pensiero filosofico riguardo al mondo della fotografia. Ho seguito attentamente questa interessante discussione e posso immaginare con quanta rabbia tu possa sostenere le tue tesi. Io sono quello che Walter definisce “un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi” e ti dirò che da quando ho terminato gli studi allo ied di Torino mi sono solo imbattuto in persone che mi consigliavano di farmi un’esperienza all’estero (compresi i miei professori). All’inizio mi sono chiesto se fosse così determinante ai fini della mia crescita dover trascorrere un periodo negli states, mi veniva da pensare che le stesse cose che puoi fare altrove le potresti benissimo fare in Italia. Quindi ho iniziato a lavorare sodo, ho speso tempo e denaro per partecipare a varie conferenze, parlare con colleghi affermati e ho iniziato a bussare a tutte le porte…Il risultato di tutti i miei sforzi si pùò tradurre in questi termini: ” ma perchè non considera l’idea di farsi un esperienza all’estero…” (quando andava bene, perchè molte volte non mi è stata data neanche la possibilità di avere un colloquio). Mi sono quindi meglio documentato su quello che stava a monte di tutto questo e sono arrivato alla conclusione che in Italia non abbiamo persone e soprattutto un sistema, in grado di far crescere qualitativamente la fotografia. Dare la possibilità di crescere ad un giovane fotografo è un rischio! Da queste parti evidentemente non esiste nessuno che ha le palle di correre dei rischi. Siamo giudicati da persone “anziane” che vogliono la pappa pronta. Un photo editor italiano è una persona che non ha una specifica formazione professionale ( non esiste un corso universitario di photo editing a parte qualcosa che stanno cercando di fare alla Bauer ) sono persone che si formano sul campo, giornalisti con una buona conoscenza della fotografia. Se poi pensiamo che le stesse persone hanno il compito di giudicare e di selezionare i fotografi è presto detto…
    Ha ragione Walter quando dice che il livello qualitativo estero è di gran lunga superiore al nostro ma bisognerebbe riflettere sulle cause che hanno portato a questo, sul perchè in Italia non si investa più sulla fotografia nostrana.
    Non è che forse di questi tempi fa più figo dire che tale campagna pubblicitaria è affidata ad un ph newyorkese piuttosto che ad un ph di Latina??? Non voglio passare per il patriottico della situazione anzi, come ho già detto non ho problemi ad ammettere la superiorità oltralpe, ma da che mondo è mondo la creatività genera creatività…va da sè che in un paese dove ti viene permesso di dare libero sfogo alla tua immaginazione la tua crescita qualitativa non ha limiti.
    …Forse sarebbe meglio togliere qualche ragnatela dalle redazioni dei nostri editiali no? …magari andando a cercare qualche picture editor all’estero al posto dei vari art director, grafico, ricerca immagine o iconografica, photo consultant o image consultant, ecc…

    Comunque a me è venuto il naso piatto a forza di prendermi porte in faccia, forse dovrei trovarmi uno pseudonimo…

    P.S. E’ sempre un piacere venire a dare una sbirciata ai tui lavori Settimio, ho guardato anche i tuoi valter…carini

  27. Daniele

    Ciao Settimio, innanzi tutto devi sapere che sono un tuo grande estimatore e non intendo solo professionalmente parlando ma mi riferisco più in particolare al tuo pensiero filosofico riguardo al mondo della fotografia. Ho seguito attentamente questa interessante discussione e posso immaginare con quanta rabbia tu possa sostenere le tue tesi. Io sono quello che Walter definisce “un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi” e ti dirò che da quando ho terminato gli studi allo ied di Torino mi sono solo imbattuto in persone che mi consigliavano di farmi un’esperienza all’estero (compresi i miei professori). All’inizio mi sono chiesto se fosse così determinante ai fini della mia crescita dover trascorrere un periodo negli states, mi veniva da pensare che le stesse cose che puoi fare altrove le potresti benissimo fare in Italia. Quindi ho iniziato a lavorare sodo, ho speso tempo e denaro per partecipare a varie conferenze, parlare con colleghi affermati e ho iniziato a bussare a tutte le porte…Il risultato di tutti i miei sforzi si pùò tradurre in questi termini: ” ma perchè non considera l’idea di farsi un esperienza all’estero…” (quando andava bene, perchè molte volte non mi è stata data neanche la possibilità di avere un colloquio). Mi sono quindi meglio documentato su quello che stava a monte di tutto questo e sono arrivato alla conclusione che in Italia non abbiamo persone e soprattutto un sistema, in grado di far crescere qualitativamente la fotografia. Dare la possibilità di crescere ad un giovane fotografo è un rischio! Da queste parti evidentemente non esiste nessuno che ha le palle di correre dei rischi. Siamo giudicati da persone “anziane” che vogliono la pappa pronta. Un photo editor italiano è una persona che non ha una specifica formazione professionale ( non esiste un corso universitario di photo editing a parte qualcosa che stanno cercando di fare alla Bauer ) sono persone che si formano sul campo, giornalisti con una buona conoscenza della fotografia. Se poi pensiamo che le stesse persone hanno il compito di giudicare e di selezionare i fotografi è presto detto…
    Ha ragione Walter quando dice che il livello qualitativo estero è di gran lunga superiore al nostro ma bisognerebbe riflettere sulle cause che hanno portato a questo, sul perchè in Italia non si investa più sulla fotografia nostrana.
    Non è che forse di questi tempi fa più figo dire che tale campagna pubblicitaria è affidata ad un ph newyorkese piuttosto che ad un ph di Latina??? Non voglio passare per il patriottico della situazione anzi, come ho già detto non ho problemi ad ammettere la superiorità oltralpe, ma da che mondo è mondo la creatività genera creatività…va da sè che in un paese dove ti viene permesso di dare libero sfogo alla tua immaginazione la tua crescita qualitativa non ha limiti.
    …Forse sarebbe meglio togliere qualche ragnatela dalle redazioni dei nostri editiali no? …magari andando a cercare qualche picture editor all’estero al posto dei vari art director, grafico, ricerca immagine o iconografica, photo consultant o image consultant, ecc…

    Comunque a me è venuto il naso piatto a forza di prendermi porte in faccia, forse dovrei trovarmi uno pseudonimo…

    P.S. E’ sempre un piacere venire a dare una sbirciata ai tui lavori Settimio, ho guardato anche i tuoi valter…carini

  28. Daniele

    Ciao Settimio, innanzi tutto devi sapere che sono un tuo grande estimatore e non intendo solo professionalmente parlando ma mi riferisco più in particolare al tuo pensiero filosofico riguardo al mondo della fotografia. Ho seguito attentamente questa interessante discussione e posso immaginare con quanta rabbia tu possa sostenere le tue tesi. Io sono quello che Walter definisce “un giovane fotografo di belle speranze che e’ agli inizi” e ti dirò che da quando ho terminato gli studi allo ied di Torino mi sono solo imbattuto in persone che mi consigliavano di farmi un’esperienza all’estero (compresi i miei professori). All’inizio mi sono chiesto se fosse così determinante ai fini della mia crescita dover trascorrere un periodo negli states, mi veniva da pensare che le stesse cose che puoi fare altrove le potresti benissimo fare in Italia. Quindi ho iniziato a lavorare sodo, ho speso tempo e denaro per partecipare a varie conferenze, parlare con colleghi affermati e ho iniziato a bussare a tutte le porte…Il risultato di tutti i miei sforzi si pùò tradurre in questi termini: ” ma perchè non considera l’idea di farsi un esperienza all’estero…” (quando andava bene, perchè molte volte non mi è stata data neanche la possibilità di avere un colloquio). Mi sono quindi meglio documentato su quello che stava a monte di tutto questo e sono arrivato alla conclusione che in Italia non abbiamo persone e soprattutto un sistema, in grado di far crescere qualitativamente la fotografia. Dare la possibilità di crescere ad un giovane fotografo è un rischio! Da queste parti evidentemente non esiste nessuno che ha le palle di correre dei rischi. Siamo giudicati da persone “anziane” che vogliono la pappa pronta. Un photo editor italiano è una persona che non ha una specifica formazione professionale ( non esiste un corso universitario di photo editing a parte qualcosa che stanno cercando di fare alla Bauer ) sono persone che si formano sul campo, giornalisti con una buona conoscenza della fotografia. Se poi pensiamo che le stesse persone hanno il compito di giudicare e di selezionare i fotografi è presto detto…
    Ha ragione Walter quando dice che il livello qualitativo estero è di gran lunga superiore al nostro ma bisognerebbe riflettere sulle cause che hanno portato a questo, sul perchè in Italia non si investa più sulla fotografia nostrana.
    Non è che forse di questi tempi fa più figo dire che tale campagna pubblicitaria è affidata ad un ph newyorkese piuttosto che ad un ph di Latina??? Non voglio passare per il patriottico della situazione anzi, come ho già detto non ho problemi ad ammettere la superiorità oltralpe, ma da che mondo è mondo la creatività genera creatività…va da sè che in un paese dove ti viene permesso di dare libero sfogo alla tua immaginazione la tua crescita qualitativa non ha limiti.
    …Forse sarebbe meglio togliere qualche ragnatela dalle redazioni dei nostri editiali no? …magari andando a cercare qualche picture editor all’estero al posto dei vari art director, grafico, ricerca immagine o iconografica, photo consultant o image consultant, ecc…

    Comunque a me è venuto il naso piatto a forza di prendermi porte in faccia, forse dovrei trovarmi uno pseudonimo…

    P.S. E’ sempre un piacere venire a dare una sbirciata ai tui lavori Settimio, ho guardato anche i tuoi valter…carini

  29. Saverio Merone

    Settimio non ha ragione, di più! io dopo 16 anni di fotografia, (compresi i primi 5 di studio e assitenza, a molti “nomi” della fotografia) centinaia di pubblicati, 3 campagne stampa nazionali, televisione e radazionali, e un tesserino da fotogiornalista, mi sono depresso, mi sono nauseato, e mi sono rotto!!!, quindi mi sono trasferito in Cina, dove forse qualcuno, è ancora disposto a dar credito a qualcosa che da sempre contraddistingue gli Italiani e l’Italianità nel mondo: l’Arte. la Creatività, il Gusto.
    Ma come mai a stilsilti e designer italiani, accostiamo invece fotografi, e da un pò anche stylist e make-up stranieri? Io posso anche fare pena…ma come dice Settimio, in Italia facciamo tutti schifo fotograficamente parlando? e poi se una rivista non sostiene, non investe, non coltiva la creatività di chi si dedica fino alla “patologia” a questo mestiere, beh il marcio c’è e come se c’è. apprezzo molto Simona Girella, il papà è stato mio amico e maestro, ci ho lavorato insieme 2 anni, però Simona a me ha detto le stesse cose…che il loro ufficio di produzione fashion è a NY, ma forse non poteva dirmi di più…Un augurio a Settimio, e a tutti coloro che letteralmente “lottano” per fare ciò che amano! Saverio

  30. piernicola

    Diceva Adam Smith ch eil mercato si autoregolamenta ed è l’unica realtà meritocratica. Nessuno straniero ci può superare nell’arte della cucina, per fare un esempio, o nella moda, o anche nel design, e anche nell’architettura abbiamo diverse freccie nel nostro arco tricolore. Però la fotografia è una cosa diversa. Se vengono scelti solo fotografi stranieri vuol dire che sono superiori a noi, eccezioni a parte è ovvio. Io non riesco a visitare il sito di nessun fotografo italiano, con pochissime eccezioni, mente un pao d’ore a settimana lo dedico alla ‘ricerca’ di fotografi che non conosco e puntualmente, da qualche parte spunta sempre qualcuno che mi lascia a bocca a perta, compresa la tanto vituperata CIna che in questomomento è anni luce avanti come avanguardia. MAgari non nel campo della moda ma nel concettuale sono eoni avanti. Come anche fotografi dell’est europa, del canada ecc ecc… Non è sempre ingiustiza, a volte bisonga mettersi una mano sulla coscienza.

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