TU CHIAMALE SE VUOI…EMOZIONI

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[it] prendo lo spunto dal testo di mogol per battisti per scrivere due righe su una parolina che viene usata ed abusata da chiunque faccia creatività: emozioni.

a me questa parolina, così andiamo subito al punto, fa orrore. e già!

chiunque la usa che è un piacere: “le emozioni della modella”, “le mie emozioni“, “comunicare le emozioni“…e via così…

perdonatemi se (tanto per cambiare!) con presunzione, arroganza e mal celato intento didattico adesso andrò a dire la mia sull’argomento: delle vostre (e delle mie!) emozioni non gliene frega nulla a nessuno! proprio niente di niente!

la storia dell’arte non è, e non è mai stata, storia di singole emozioni di singoli personaggi.

la storia dell’arte e della creatività procede ed avanza sempre in base a ciò che c’è stato prima. è sempre il contesto storico e culturale che fa in maniera che le cose succedano.

è necessario quindi sempre partire non dalle proprie personali emozioni (delle quali non gliene frega niente a nessuno, ma forse l’ho già detto…) ma dalla conoscenza di ciò che noi (noi, non io) siamo in questo preciso momento culturale e storico: per poi, eventualmente, dare il nostro personale contributo per fare in maniera tale che ci sia un avanzamento e progresso.

viene da sè quindi che per fare qualcosa di valido serva conoscere. senza conoscere è impossibile dire qualcosa di interessante. la conoscenza di ciò che è stato prima di noi è un passo fondamentale per poter sperare di creare qualcosa di nuovo.

non si può scrivere romanzi se prima non si sono letti tutti i romanzi del mondo. non si può scrivere poesia che prima non si è letta tutta la poesia del mondo. non si può fare musica se non si conosce tutta la musica del mondo. e via così…

tutto questo per un semplice motivo! perchè non contano le personali ed intime emozioni (che, non so se lo già detto, non importano proprio a nessuno…), ma conta solo ed unicamente ricominciare e (eventualmente migliorare) da dove quelli prima di noi si sono fermati.

se si vuole fare del paesaggio non si può prescindere da come il paesaggio è stato dipinto e fotografato negli ultimi duemila anni.

se si vuole fare della poesia è impossibile farla senza conoscere ed amare sandro penna.

se si vuole fare musica non è possibile farla senza conoscere bach. e via così all’infinito…

perchè nessuno nasce come un fungo nel deserto. tutto nasce e si alimenta da ciò che è stato prima. tutto si produce in azione o reazione a qualcosa d’altro. il punk inglese degli anni settanta fu di rottura da ciò che c’era prima, che a sua volta era di rottura da ciò che c’era ancora prima. sapete cosa avevano scritto sulle magliette i punk inglesi? “i hate pink floyd”.

quello che a noi singoli sembra geniale diventa nullità rispetto a ciò che hanno già fatto gli altri prima. colui che quattromila anni fa inventò la ruota fu un genio, se adesso io dicessi di aver avuto un’idea geniale nell’inventare la ruota dimostrerei solo di essere un cretino ignorante. il mantegna che alla fine del 1400 dipinse il celebre cristo morto portò la prospettiva nell’arte, e fu una grande rivoluzione: ma se un artista facesse lo stesso adesso passerebbe per cretino ed ignorante.

tutti noi siamo ciò che sono stati gli altri prima di noi.

diceva isaac newton: “se ho visto più lontano è perchè stavo sulle spalle dei giganti”.

quando poi una persona si basa unicamente sulle famose emozioni per produrre (che non so se l’ho già detto, ma sappiate che delle vostre emozioni non gliene frega proprio niente a nessuno…) c’è anche un’altro problemino: dato che, come diceva celine, “ogni buco di culo si guarda allo specchio e vede giove” succede che sia facile che si pensi che le proprie inutili e misere emozioni siano sufficienti per comunicare qualcosa. e succede, che è la cosa più grave, che si dimentichi di parlare del vero e profondo IO. di ciò che siamo. di ciò che ci piace. di ciò dal quale deriviamo…insomma della nostra storia.

perchè questo è ciò che conta realmente: raccontare.

usate il cervello per raccontare delle storie, per raccontare chi siete, per raccontare da dove venite…e sapete cosa? così facendo correrete anche il piacevole ed imprevisto rischio di raccontare qualcosa di…emozionante!

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I take inspiration from the lyrics of mogol for battisti to write a bit about a little word that is used and abused from anyone that is creative: emotions.

This little word, so we get to the point, gives the creeps. Right!

Whoever uses it as if it was for free: “the emotions of a model”, “my own emotions”, “to communicate emotions”… and so on…

Excuse me if (as if I’ve never) with presumption, arrogance and badly concealed didactic intent I will have my saying on the subject: nobody gives a damn of your (and my own!) emotions! Really nobody, not one!

The history of art is not, and has never been, the history of single emotions of single individuals.

Art history proceeds and advances always based on what has been there before. The historic and cultural context is what makes sure that things happen.

Therefore it is necessary not to begin from your own personal emotions (in which nobody gives a damn, but maybe I said that before..) but from the knowledge of what we (we, not me) are in this precise cultural and historic moment: to then, eventually, give our personal contribution in order to create  advancement and progress.

It runs along by itself then that to do something valid you need to know. Without knowing it is impossible to say something interesting. Knowing what was there before us is a fundamental step in hoping to create something new.

You cannot write novels if you haven’t read all the novels in the world. You cannot write poetry before you haven’t read all the poetry int he world. You cannot make music if you don’t know all the music in the world. And so on…

All this for a simple reason! Because the people and the intimate emotions do not count (which, I don’t know if I said this before, nobody really cares about…), but you can only count on doing it all over (and eventually improve) from where the previous ones left off.

If you want to do a landscape you cannot take in consideration how landscape have been painted and photographed in the past two thousand years.

If one wants to write poetry it is impossible to do without knowing and loving sandro penna.

If one wants to write music it is impossible to do without knowing bach. And so on to infinity…

Because no one is born like a mushroom in the desert. Everything is born and feeds from everything that is been before. Everything is made in action or reaction to something else. English punk music of the seventies was a breakaway from what was there before, which at its time was a breakaway from what was previously there before. Do you know what the english punks had written on their t-shirts? “i hate pink floyd”.

What seems genious to us becomes nullity in respect to what the others have done before. He who invented the wheel was a genious, if I said now that I had a genious idea in inventing the wheel I would demonstrate only being an ignorant imbecile. Mantegna who at the end of the 1400 painted  the well known dead christ brought perspective to the arts, and created a great revolution: but if an artist did the same now he would be seen as an imbecile and ignorant.

We all are what others have been before us.

Isaac newton used to say: “if I have seen further it is only by standing on the shoulder of giants”.

When someone bases himself only on the famous emotions to create (which I don’t know if I said this before, but know that nobody cares about your emotions…) there is also another little problem: seeing that, as celine used to say, “Now the dumbest asshole can look at himself in the mirror and see Jupiter looking back”, it easily happens one thinks that their own useless and miserable emotions are good enough to communicate something. And it happens, which is the worst thing, that we forget to talk about the truth and deep I. Of who we are, of what we like. Of where we come from… in short of our story.

Because this is what is really worth: to tell.

Use your brain to tell stories, to tell who you are, to tell where you come from… and you know what? By doing so you’ll be running the pleasurable and unexpected of telling something… exciting!

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17 risposte

  1. Alessandro Avenali

    E’ troppo facile fare l’artista sulle spalle dei giganti. La conoscenza porta all’imitazione. Troppo facile imitare.
    L’arte (passami il termine, anche se abusato) non è esercizio tecnico.

    Se potessi scegliere un mondo vergine artisticamente, lo farei, per trovare e capire veramente quanto di puro c’è in quello che faccio, espuriandolo dall’imitazione. Ma è un pensiero impossibile, e ogni creativo è anche curioso. Degli altri creativi ovviamente. L’influenza ci sarà sempre e oserei dire *purtroppo*.

    Tu fai virtù di qualcosa che è scomodo per raggiungere la verità che è dentro di noi.

    Aggiungerei che per conoscere il passato ci sono i critici e gli studiosi. Lascia che gli artisti facciano gli artisti.
    Se un fotografo di oggi studiasse tutte le forme di arti visive passate non avrebbe tempo per fotografare. E direi anche che se fa il fotografo non lo deve certo a Capa, Newton o Jodice, né se li ignora e compie qualcosa di grande, abbiamo diritto di dargli del cretino e ignorante.
    Ci vuole più umiltà, altrimenti rischiamo che la produzione artistica dell’uomo sia solo un dizionario dove prima o poi le parole finiscono perché le ha usate qualcun altro. Sono proprio le emozioni che invece danno un senso a quelle parole, anche se ci può sembrare di averle già lette altrove.

    Non condivido quello che dici. Ma la foto è figa.

    Un grande ignorante.

  2. Roberto Bianchi

    Se la foto è ‘figa’ allora indirettamente (ma non necessariamente consciamente) condividi quello che dici di non condivire.
    Ma se la foto (ma potrebbe essere una canzone, uno scritto, un progetto… comunque un prodotto) è ‘figa’ ci sono solo 2 possibili spiegazioni: 1. una gran botta di culo, 2. una ricerca voluta del risultato.
    Siccome le botte di culo nel business sono merce rara voterei per la seconda opzione.
    “(…) ma conta solo ed unicamente ricominciare e (eventualmente migliorare) da dove quelli prima di noi si sono fermati.” Il sergeto, che poi segreto non è, secondo me sta qua: non ci possono essere prodotti vincenti se chi produce non ha guardato prima indietro e (possibilmente) imparato.
    Questo vale, per me, se si cerca un risultato che ’emozioni’ un numero elevato di soggetti emozionabili… certo se poi il target sono solo 3 o 4 persone, l’equazione cambia. Ma questa è un’ altra storia.
    (Bello ‘sto post… mi ha emozionato 🙂 )

  3. Mirko Merchiori

    Sicuramente bel post, nel quale condivido la necessità di capire e conoscer il passato per ‘costruire’ il presente e, ancor più, il futuro…o al meno per creare la base alla quale il futuro guarderà per costruirsi un presente..e così via…
    Non mi trovi, però, d’accordo sull’affermazione in base alla quale delle proprie emozioni non frega niente a nessuno; credo che ci sia in circolazione almeno un essere umano il quale si faccia toccare le corde dalle tue emozioni o dalle mie o da quelle di qualcun altro.
    Tu stesso, qualche tempo fa, rispondendo alle domande di Toni Thorimbert salvasti (se non erro) tre fotografie dall’incendio dello studio fotografico: quelle tre fotografie rappresentavano qualcosa di importante per te (gli anni 80, S.I., il progetto in piscina..), rappresentavano a loro modo un’emozione…e se noi abbiamo letto quel post, del quale ricordiamo i particolari…beh, vuol dire che le tue emozioni lì trascritte ci hanno colpito e ci hanno interessato.
    Chiaramente, questo è il mio personalissimo parere.

  4. francesca buonagurelli

    Ecco una donna in questo blog…
    Buongiorno Settimio e buongiorno a voi…le emozioni non interessano a nessuno quando …quando non interessano. C’e’ il fattore tempo che deve essere considerato, per comprendere un’emozione, un espressione di qualsiasi tipo di arte dalla pittura alla musica alla poesia bisogna conoscere e calarsi nella storia che l’ha vista crescere o che l’ha provocata od assecondata ed e’ solo se ti “acculturi” che ci riesci. Per cio’ che riguarda il presente invece il comprendere o essere interessati dall’emozione altrui e’ un fatto di sincronia.
    Il momento storico mi ha provocato un’emozione e io la metto in musica, in poesia per esempio o scatto una bella foto come fai tu che poi la pubblichi e ci provochi…..ma in quanti sono li’ pronti per coglierla? Chi puo aver gia’ pronto lo stesso back ground che ha provocato quell’emozione a te e che gli possa dar agio di capirti? Pochi, veramente pochi! Si chiamano avanguardie quelli che hanno emozioni (ormai continuiamo a chiamarle battisticamente cosi…) al confine estremo della comprensione temporale, e quelli che le hanno oltre nemmeno vengono considerati … Ma ci sono!!!! Quelli si che si sentono soli, poveretti! Nessuno li vede, ma non e’ per disinteresse.
    Io spero, ma guarda…azzarderei un credo, che l’arte e la capacita’ di esprimere emozioni sia latente e cerchi sempre di uscire e che la cultura e lo studio e la tecnica ne facilitino lo sgorgare e la definizione dei dettagli che poi aiutano quasi piu’I fruitori o I curiosi (nel senso piu’ ampio e positivo) che ne hanno bisogno estremo per capire e far poi scaturire le proprie di emozioni.

    Ma che ho detto????

  5. AG

    Codesto solo oggi possiamo dirti,
    ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

  6. Giovanni B.

    Condivido l’assunto che senza conoscenza (inclusa la tecnica) il risultato è legato solo alla fortuna. Ma mi sembra un po’ riduttivo.
    Ma mi sembra un po’ troppo drastico pensare che “non si può scrivere romanzi se prima non si sono letti tutti i romanzi del mondo. non si può scrivere poesia che prima non si è letta tutta la poesia del mondo. non si può fare musica se non si conosce tutta la musica del mondo. e via così…”. Tanto per restare a Bach, citato di seguito nell’articolo, non credo che conoscesse le musiche dei boscimani (tanto per citare un gruppo etnico a caso), eppure ha prodotto qsa di pregevole…

    La cultura è fondamentale, la tecnica è indispensabile, la curiosità verso quello che accade (o è accaduto) in altri contesti storici o culturali è una grande ricchezza. E, fino a qui, avremmo un grande esecutore. Chi riesce ad innestare le proprie emozioni su queste basi diventa un grande artista, e passa alla storia.

    In definitiva, la ricetta è: cultura, tecnica, curiosità, emozioni.

    Buona giornata a tutti.

  7. PAOLO

    Questo è uno di quei post “gustosi” targati Benedusi Gold ! 😉 Uno di quei pezzi che ogni aspirante fotografo (o artista) dovrebbe stamparsi e tenere con se.
    Penso che tu abbia certamente ragione.. perché l’emozione, quella vera, non è mai un punto di partenza..ma semmai un punto di arrivo.
    Incalcolabile e incontrollabile…
    Kandinsky ha impiegato una vita cercando ti teorizzare attraverso l’arte le emozioni. Certo per ciò che è riuscito a fare rimarrà per sempre un grande genio oltre che un grande artis
    Diffidare sempre di chi dice “volevo trasmettere un’emozione”.. noi non siamo mai artefici delle emozioni.. sono loro che hanno il sopravvento su di noi..al massimo le “subiamo” o ci usano come “tramite” ma noi non abbiamo la capacità di crearle direttamente…al massimo di ispirarle con gli strumenti che ci sono consentiti.
    Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo e, in molti casi, madre delle nostre
    emozioni.” W. Kandinsky

  8. pandora

    La storia dell’arte è la storia delle emozioni di chi vi ha partecipato,tutti i movimenti artistici sono prima nati da movimenti filosofici/umanistici focine di grandi emozioni e passioni,che hanno segnato il percorso evolutivo dell’uomo e dell’arte,rompendo schemi preesistenti non più adatti a rappresentare nuove visioni,ma il motore di questo meraviglioso meccanismo è e sempre sarà l’emozione,quello che ti esplode dentro e devi tirare fuori e per fare in modo che il dentro e il fuori si assomiglino devi applicare tutta la tua arte,se i mezzi che hai a disposizione non bastano,ne devi trovare altri,se questo non fosse successo,mantegna non avrebbe mai messo cristo sotto una diversa prospettiva…..gli impressionisti non avrebbero mai cercato di capire la luce,e la fotografia non sarebbe mai esistita…..
    diceva Gaudì che il suo più grande maestro era stato un albero….:)

  9. Roberto Bianchi

    QUOTO: ‘In definitiva, la ricetta è: cultura, tecnica, curiosità, emozioni.’ … mi piace il condensato…

  10. Andrea Girone

    …se non fosse così pomposamente spocchioso e pieno di boria gli darei pure ragione -su un paio di punti- ma invece provo la forte tentazione di sputargNi in un occhio…e non da artista (che non sono) non da archeologo (che non c’è bisogno di studiarlo per sapere che il passato è “Lo” insegnamento, per chi vuole) ma da uomo che prova a pensare con la propria testa (magari bacata)…..

    ….e anche se non sono artista, non accetterei una critica a priori sulla MIA Arte, che stroncature, apprezzamenti o giudizi del gusto possono scaturire solo e soltanto da un senso ‘estetico’ -guardi un poco, signor Bendusi- personale.

    …complimenti per le foto.

    AG

  11. Toni Thorimbert

    Benedusi è ottimo nel buttare il sasso giusto e ritrarre la mano al momento perfetto in modo che il web si scateni. bel post davvero comunque. data la mia propensione per tutto quello che ha le ruote, purchè mosse da un motore citerei una famosa pubblicità di pneumatici:
    “La potenza è nulla senza controllo.”
    In altre parole e in sintesi, le emozioni, se non diventano “linguaggio” rimangono in effetti “quella cosa di cui a nessuno, secondo benedusi, gliene frega un cazzo”.
    Invece, se tradotte adeguatamente, grazie alla capacità dell’artista di elaborare la comunicazione necessaria alla trasmissione di quelle emozioni , queste diventano l’unica cosa che conta e che rende indimenticabile un’immagine, un romanzo o una poesia.

  12. Nicola Giaretta

    Buongiorno a tutti.. Io credo che quello che scrive Settimio (anche in modo volutamente provocatorio) sia assolutamente corretto ma non valga sempre per tutti.. In particolar modo non vale, secondo me, per i cosiddetti “geni”.. quelle pochissime e particolarissime persone che hanno il dono (o se preferite il peso) della genialità saranno tali a prescindere dalla conoscenza e cultura del passato..
    Per chi, come me povero mortale, non ha questo dono (o peso) c’è assolutamente necessità di “osservare” gli altri per cercare di imparare, per cogliere degli spunti, per elaborare a modo mio insomma per cercare di produrre qualcosa..
    Per quanto concerne le emozioni è assolutamente vero che delle mie emozioni non gliene può fregar di meno agli altri, è altrettanto vero però che un “prodotto” (musicale, fotografico, poetico…. che sia) se riesce ad emozionare rimarrà ben saldo nella memoria e probabilmente venderà di più di qualunque altro che pur nella perfezione risulti asettico..

    PS: mi sembra di averlo già vista in flickr questo scatto.. 🙂

  13. settimio

    allora, visto che l’argomento mi sembra stimolante farò ciò che normalmente non faccio, dico la mia anche nei commenti:
    @ alessandro: mai parlato di imitare, ma di conoscere. senza conoscere ribadisco che è impossibile fare qualcosa di nuovo. la storia dell’arte e anche della creatività procede per stadi logici, dove ogni nuova presenza inizia da dove la precedente è finita. quando si studia la storia dell’arte, della musica, dell’architettura e anche della fotografia le cose avvengono sempre con una precisa conseguenza logica.
    @ roberto: direi che ci siamo capiti. e comunque: le botte di culo non esistono
    @ mirko: continuo a pensare che delle nostre emozioni non gliene freghi nulla a nessuno. continuo a pensare che si debbano raccontare idee: quelle sì che ci entrano dentro nel profondo.
    @ francesca: appunto, ma che hai detto?!!? 😉
    @ AG: meriggiare pallido e assorto, presso un rovente muro d’orto…
    @ giovanni B: mi sembra che mr.bach (anche lui!) non sia sbucato come un funghetto nel deserto.
    vedi biografia…: http://it.wikipedia.org/wiki/Johann_Sebastian_Bach
    @ paolo: e già!
    @ pandora: non hai vasi a casa, vero?!? a parte gli scherzi, continuo a pensare che “delle vostre (e mie!) emoz…”
    @ roberto: ma sì, quoto anche io
    @ andrea girone: …
    @ toni thorimbert: ho sperato intensamente che mr.thorimbert posasse la sua magnanima attenzione sul mio umile blog (cit. nicolai lilin…). l’ho sperato perchè ero sicuro avrebbe detto qualcosa di pertinente ed intelligente: così ovviamente è stato. mi permetto di citare un episodio dell’intensa vita professionale di toni, che trovo pertinente e meraviglioso: per un certo servizio di moda toni si presentò con un ricco guardaroba. ma non per la modella, per sè stesso! ad ogni cambio della modella, si cambiava anche lui. ovviamente non perchè sia un pazzo modaiolo isterico, ma semplicemente perchè ciò aveva un preciso senso per quello che stava facendo. aveva PENSATO prima cosa fare. e questo ha reso quel servizio indimenticabile.
    @ nicola giaretta: credo poco nei geni. rimangono nella memoria e nella storia sempre e solo le idee. mai le emozioni.

    un’ultima cosa: c’è una maniera molto semplice per giudicare se ciò che state per fare o che avete fatto può (eventualemente!) funzionare. è semplicissimo. datemi retta, fate la prova.
    se ancora dovete scattare, la cosa funzionerà (forse) se potete RACCONTARE ciò che state per fare.
    se avete già scattato dove domandarvi semplicemente cosa avete raccontato.
    DEVE esserci un PERCHE’ in quello che avete fatto.
    se semplicemente pensate che “volevo tirare fuori le emozioni della modella” fidatevi: quello che avete fatto non sarà ne’ bello ne’ brutto, sarà senza alcun senso, che è cosa ben peggiore…

  14. Fra

    La conoscenza e lo studio non sono finalizzati all’imitazione. E’ necessario guardare, leggere, assimilare, digerire, interiorizzare ciò che è stato prima di noi – e ovviamente anche ciò che è a noi contemporaneo – perchè fa tutto parte della costruzione della nostra identità artistica. Attraverso ciò che altri hanno detto e in relazione al modo in cui l’hanno fatto, riusciamo a riconoscere cosa siamo noi e come lo vogliamo dire. Non si può prescindere da questo. Personalmente, quando scatto una fotografia non parto mai da un’emozione che provo. L’emozione è una conseguenza, che si genera sia nel fotografo che nel pubblico DOPO aver fotografato. Qello che mi spinge è un istinto a voler rappresentare e/o raccontare qualcosa, istinto che va necessariamente nutrito e accompagnato indovinate un po’ da cosa? Dall’educazione all’immagine. All’arte. Alla parola. Alla musica. Tutto confluisce dall’esterno dentro di noi, si fonde con ciò che siamo per poi uscire di nuovo, attraverso la nostra capacità di comunicare. E’ casomai quest’ultima a fare la differenza tra chi alla fine saprà emozionare o meno.

  15. miriam

    grazie per le bellissime lezioni che gentilmente mette a disposizione e che con curiosità leggo, ascolto e osservo

  16. Simone

    Mi è piaciuto il messaggio di questo post e (senza commentarne il contenuto) chiedo .. avete qualche libro da consigliare sulla storia della fotografia? Ce ne sono tonnellate e come accade quando ci sono troppe ‘cose’ c’è il problema di capire cosa è valido e cosa meno.

    Grazie

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