TWO BOYS

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Ieri abbiamo scattato in un posto molto bello: un negozio di fiori con cucina.
Tanto per dire facevano loro l’impasto per il pane degli hamburgers. E bellissime e buonissime torte, quelle alte tipo Nonna Papera.

Lì vicino, eravamo a circa un’ora da Cape Town, c’era una scuola, di quelle belle e affascinanti come le belle e affascinanti scuole britanniche possono essere.

Da quella scuola ad una certa ora sono usciti gli studenti, elegantissimi nelle loro divise: sembravano provenire veramente da un’altra epoca.

Verso la fine ne ho visto arrivare due, chiaccherando tranquilli e beati.
Che ricordi meravigliosi! L’uscire da scuola e con il tuo miglior amico camminare, parlando del più e del meno, verso casa!

In un attimo li ho fermati.
“Sorry, i am a famous italian fashion photographer, can i shoot a portrait to you?” (essere un po’ sborroni a volte non solo aiuta ma è necessario…).
Loro hanno sorriso guardandosi e hanno detto: “Yes!”

Si sono diligentemente aggiustati la divisa, messa a posto la cravatta, tirate su per bene le calze e si sono fatti sistemare dove li ho piazzati.

Mentre li mettevo in posa continuavo a chiaccherare, per conoscere di più e meglio di loro e della loro vita da giovani studenti.

Quattro (4) click con il mio iPhone e abbiamo fatto.

Ho scattato già in formato quadrato perchè mi piaceva l’illusione di stare scattando con la mia Rolleiflex.

In un minuto ho ritoccato, sempre con iPhone, e ho mostrato ai loro occhi sgranati e stupiti il risultato.

Questo penso sia il bello della fotografia: che ti dà il pretesto e l’opportunità di costruire situazioni che come collaterale conseguenza hanno quella di essere anche fotografabili.
La fotografia non per riprodurre la realtà ma per creare nuove realtà o almeno enfatizzarne una parte.

La fotografia come mezzo, non come fine: temo che spesso sia il contrario.

E alla fine questa la mia immagine di due adolescenti sud africani del 2013:

20131029-104524.jpg

4 risposte

  1. diego

    ebbene si, come spesso accade qui
    ho passato 2 minuti 2 in viaggio con
    la mente. La fotografia come mezzo
    non come fine spesso è così, ma a volte no! 🙂
    grazie
    buona serata
    diego

  2. Andrea

    bellissima. sembra una foto di un secolo fa.
    li avrei fotografati anche con la reflex però!

  3. vilma

    Scrive Susan Sontag “la nostra è un’epoca nostalgica e i fotografi sono promotori della nostalgia. La fotografia è un’arte crepuscolare. Quasi tutti i suoi soggetti, per il fatto solo di essere fotografati, sono tinti di pathos………tutte le fotografie attestano l’inesorabile azione dissolvente del tempo” (Sulla fotografia, 1992)
    Non so cosa abbia spinto Benedusi a fotografare i due soggetti, lui dichiara di non aver voluto riprodurre la realtà (due studenti dentro due divise vagamente retrò), ma di averne voluto creare una nuova, due adolescenti sud africani in una foto scattata nell’ottobre del 2013, un’operazione che non è fine, ma mezzo. Per dire cosa?
    La fotografia è un oggetto sociale, la sua esistenza e la sua durata (intesa come il tempo durante il quale essa resta significativa) sono legate al contesto del quale è testimone, dopo di che diviene oggetto vintage (l’age du vin), oggetto di culto feticistico, la ri-proposizione. la re-interpretazione, la ri-semantizzazione generano ipotesi narrative che ognuno sviluppa in funzione (o finzione) del proprio vissuto soggettivo, in genere sotto al spinta di un sentimento di nostalgia generato dall’assenza e dalla perdita, in questo caso di miti sociali condivisi.
    Questo dice a me, lasciando tuttavia intatto il “problema della fotografia” e il fondato sospetto che l’unica via sia “un approccio soggettivo, biografico e perfino emotivo a quell’anguilla teoreticamente imprendibile che è la fotografia.”
    Sulla quale forse non avremo mai ragionato abbastanza.
    Volendo approfondire:
    “La fotografia. Oggetto teorico e pratica sociale”. Atti del 38º Congresso AISS, sett. 2011

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