IL RITRATTO: BENASSI BY THORIMBERT /// AGGIORNATO

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il ritratto è, per un fotografo, un tema complicato. temo che spesso venga interpretato come il fotografare, semplicemente, una faccia. se così fosse sarebbe non complicato, ma facilissimo: io ho una macchina fotografica in mano e con quella faccio una fotografia alla persona che ho davanti, con il suo consenso. magari usando una bella luce e successivamente una efficace post produzione. caso classico quello del pescatore con tante rughe in bianco e nero, l’avete in mente, no?: probabilmente bella fotografia ma certamente inutile, e quindi bruttissima.

e perché tutto ciò? cosa dovrebbe avere un ritratto per diventare un Ritratto?

tre cose semplici semplici, e quindi complicatissime: dovrebbe raccontare della persona ritratta, dovrebbe raccontare del fotografo e infine, dovrebbe raccontare del giudizio che il fotografo ha della persona ritratta. tutto qui. nulla di più e nulla di meno. tutto questo ovviamente nella mia opinione…

vi voglio quindi far vedere un’immagine che non solo mi aiuta a far comprendere come dovrebbe essere un buon ritratto, ma mi permette anche di spendere qualche parola sul linguaggio della fotografia. che va, come tutti i linguaggi, capito per essere compreso.

l’immagine è questa, un Ritratto realizzato da Toni Thorimbert a Jacopo Benassi:

foto[1]

 

allora, apparentemente è una fotografia di un signore con un sacchetto di plastica in mano. questa la superficie. questo ciò che si vede. giusto?

guardate bene, però. quel sacchetto è abbastanza pieno, e non sembra pieno di frutta e verdura di una recente spesa. riuscite a capire cosa c’è dentro? io so la risposta, perché la conosco dai diretti interessati, però non è che sia necessario conoscere esattamente i fatti: l’importante è che grazie ad alcuni elementi l’immagine stia sù, abbia senso. come dico spesso nei miei incontri non è che dobbiamo conoscere le formule di calcestruzzo per non farci preoccupare che il tetto che adesso è sopra la mia e vostra testa ci caschi addosso: ma siamo sicuramente consapevoli che ci siano state delle formule precise che hanno fatto in maniera tale che qualcuno abbia deciso come fare questo tetto e che quindi questo tetto stia su. chiaro?

comunque, tornando alla nostra fotografia: Jacopo ha in mano un sacchetto. questo sacchetto ha dentro dei vestiti, per un piccolo viaggio che Jacopo e Toni hanno fatto insieme. insomma, quella è la valigia di Jacopo Benassi. lui parte per un viaggio di tre giorni e dove mette le sue magliette e mutande? in un sacchetto di plastica, neanche dell’esselunga, pure no brand: non ha uno straccio di marchio neanche il sacchetto! miseramente bianco!

questo dettaglio non racconta in maniera incredibilmente fedele l’estetica punk e anarchica (vedi maglietta!) di Jacopo? non c’è forse tutto il racconto di chi lui è?

tutto questo filtrato dal punto di vista di Toni, che non cede alla facile tentazione del bianco e nero (che sia porterebbe l’immagine ad essere ancora più “benassiana” e sia, lo sappiamo, fa sempre la sua porca figura) ma usa un colore molto “thorimbertiano”, semplice, pulito, secco.

perché fa tutto questo? perché c’è una enorme empatia, tra il fotografo e il fotografato, non solo per questioni di amicizia, ma perché il fotografo, anche lui!, qualche anno prima, quando la sua anima punk ed anarchica era ancora più visibile di adesso si comportava nella stessa identica maniera: la sua valigia era un sacchetto di plastica.

e poi c’è Jacopo, che non si atteggia, che non posa, che fa ciò che sempre fa, da fotografo, nelle sue fotografie: dice “eccomi qui, io sono qui, così”. pur vestito e normalissimo si mette a nudo.

ecco quindi che succede quella magia, quando una fotografia di una persona diventa una Fotografia che è anche un autoritratto che celebra l’empatia tra due persone che accettano di raccontare e di raccontarsi: un vero Ritratto.

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AGGIORNAMENTO:

ecco, per l’appunto: questo ritratto e questo mio post erano, nelle mie intenzioni, proprio l’occasione non solo di parlare di RITRATTO ma anche e soprattutto il ribadire che la Fotografia è un linguaggio e come tale debba avere dei precisi strumenti di “decriptazione”.
La famosa frase “la fotografia è come una barzelletta…” non è giusta o sbagliata, va inserita in un contesto.
Di una cosa sono certissimo: essendo la Fotografia un linguaggio ha bisogno di strumenti per essere capita.
La più bella poesia giapponese a noi sembra una massa di segni e nulla più.
Purtroppo mentre nel linguaggio scritto è evidente che servano strumenti di comprensione (nessuno direbbe: questa poesia giapponese non mi piace) nella fotografia c’è l’illusione che sia facile e di altrettanta facile comprensione: NON è così.
Anche perchè poi ci si limita al MI PIACE/NON MI PIACE: e sapete cosa?!? Quando ci si limita al MI PIACE senza capire e comprendere il linguaggio e la struttura profonda delle cose ciò che piace è sempre tutto ciò che è superficiale, inutile, scontato e, in fondo, brutto.
Le cose profonde vanno SEMPRE spiegate per essere capite.

PS: questo blog, dal 2003, non ha alcun filtro ai commenti. Penso sia buona educazione commentare con educazione e correttezza. Non penso sarebbe un bel segnale se, per colpa di qualcuno, io dovessi, dopo tanti anni, ricorrere alla moderazione preventiva. Grazie.

44 risposte

  1. Jessica Polsky

    Hmmmm. Interessante. Prima di leggere quello che hai scritto, avrei detto che la cosa che mi piaceva di questa foto e’ che sembrava scattata, invece, da uno sconosciuto. Trovo che quando conosciamo la persona dietro la macchina, sopratutto se c’e’ dell’affetto di mezzo, spesso si legge qualcosa in faccia, anche solo la piu’ piccola scintilla negli occhi, che svela allo spettatore del legame tra i due. Invece, in questo ritratto c’e’ una totale mancanza di quest’invisibile filo, come se l’avesse scattato una persona che Jacopo non aveva mai visto nella sua vita, e di cui non poteva fregare di meno. L’onda di comunicazione in questa foto e’ quasi una non comunicazione. Bella. Tanto. Grazie…. PS-Jake, anche io viaggio con sacchetti, ed e’ fonte di infinite prese in giro. Io e te. Incompresi.

  2. angelo

    Attingo dalle parole di Settimio, quanto una spugna cerca di attingere dall’acqua, quello che mi chiedo (e che mi chiedo da tanto) è quanto un immagine debba rimanere legata alla propria didascalica spiegazione per assumere il senso che l’autore ha fermato e sottolineando creandola.
    Ad esempio in questa foto il senso è sicuramente alla portata sia del soggetto e sia dell’autore, però ammetto candidamente che non conoscendo il primo, non sarei arrivato in maniera cosi scontata e facile al senso del ritratto.. quindi il ritratto è accessibile solamente a poche persone (che conoscono autore e soggetto, ND) o non è una regola generalmente valida?
    Da poco ho ritratto una persona anziana nota in città, l’ho fatto dopo aver ascoltato la sua storia dalle sue parole, ho fatto due foto una alle sue mani ed una al suo viso, ripensandoci non credo che chi non ha sentito la sua storia possa comprendere cosa fossero quelle macchie sulla sua pelle e perchè avesse le unghie colorate (è un rito dei tuareg del deserto come lui), o perchè avesse quell’espressione in quel momento, eppure dall’esterno sembrerebbe un ritratto in BN ad un anziano, è possibile che ci si chiuda in un certo ermetismo fotografico o è effettivamente la via giusta?

  3. Nicola D'Orta

    Ciao, sono pienamente d’accordo con Angelo quando dice che il significato di questo scatto è accessibile solo a pochi, ovvero solo a quelle persone che conoscono entrambi i soggetti. Io ci vedo solo un tipo con una busta in mano davanti ad un muro…

    Buona giornata a tutti.

  4. christian

    Vedendo a primo impatto l’immagine non è che si capisse chi è o cosa abbia nel sacchetto la persona ritratta. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata una persona che è scesa alla coop a prendere due cose che non aveva nel frigor (non è una critica,non iniziate una guerra 😉 ) , penso che in questo caso il ritratto in questione lo possa leggere solo chi conosce la persona nell’immagine (per esempio il sacchetto usato come valigia è una cosa impossibile da leggere ) o chi sa la storia della persona in questione.
    Mi viene in mente quache esempio,la foto di Fusco dell’attraversata americana della bara di Bob Kennedy,la foto di Eugene smith è un altro esempio ,quella dei suoi figli che camminano nel bosco (l’ha scattata dopo il ricovero in ospedale perchè gli era esplosa una mina vicino),sono due esempi che mi vengono in mente al momento ma ce ne sono altri mille se non di più.
    Dire “questo è un vero ritratto ” non ha molto senso secondo me quindi,non possiamo “giudicare ” ciò che non si conosce (in questo caso la storia della persona ritratta),i tre protagonisti del momento (Benedusi,Thorimbert,Benassi) possono capire questo ritratto ma solo perchè conoscono il soggetto ,quindi in questo caso non si può da “esterni” capire un’immagine del genere;
    il concetto di ritratto magari è condivisibile ma si deve anche pensare ad un particolare: il tema “fotografia” (dico il tema perchè la concezione di essa cambia da persona a persona) non è uguale per tutti perchè è una cosa strettamente “personale”.
    Quando facciamo vedere una nostra immagine a qualcuno condividiamo un pezzo della nostra persona ,condividiamo quello che pensiamo,apriamo una porta a qualcun’altro e li diamo il permesso di conoscerci un pò più di un istante prima.

  5. damiano

    Questa volta Settinio ti dico BRAVO!
    Con questo post non passi per il “gradasso che dice guardate un po’ quanto son bravo” e non tratti a pesci in faccia chi per motivi suoi fa semplicemente cklik.

    Qui sei propositivo e didattico e gli interventi sono costruttivi.
    Continua così, questi “spot” valgono almeno quanto un decalogo 😉

    Ciao “momentista” 😉

  6. damiano

    Ops… mi correggo:
    -ho scritto “momentista” invece di “attimista”

    Ciao “attimista” 😉

  7. damiano

    Settimio, le indicazioni che fornisci sono interessanti, sono un accompagnamento orale al ritratto, ma il ritratto da solo non le trasmette. quindi se l’intenzione era, tramite il ritratto, di raccontare quelle cose… direi… No buono.

    Cosa vedo? Cosa mi trasmette?
    Mi immagino una persona che torna dai bagni pubblici, si è appena fatta una bella doccia, indossato qualche cosa di pulito, ha forse attraversato un piazzale in terra battuta e andrà a riporre i suoi effetti personali in un luogo ben costudito.

    Ciao!

  8. luca

    parto dal dire che il post è molto interessante… la foto nel complesso è interessante , ma solo dopo aver letto la “didascalia” ovviamente 🙂

    onestamente in questa foto ci vedo una persona con una busta di plastica e BASTA! nella busta potrebbe esserci di tutto, da vestiti comprati al mercato ad un 1kg di cozze ( color nero 🙂 )

    poi viaggio di tre giorni? con le ciabatte? con le chiavi di casa ( ? ) appese ai passanti dei pantaloni? pura la maglietta (almeno per me) è abbastanza “anonima”…

    boh

    P.S.

    ma davvero poi c’è gente che “viaggia” con le buste di plastica? anche uno zainetto no brand è più comodo 🙂

  9. vittorio

    dopo la visione e la lettura personalmente capisco 3 cose
    1) Benedusi e’ un fotografo
    2)Thorimbert e’ un Fotografo
    3) Benassi e’ un ‘Artista (fotografo)

  10. damiano

    Cosa distingue un “fotografo” da un “Fotografo” da un “Artista fotografo”?

  11. christian

    Benassi non so se sia artista (opinione personale chiaramente,non incominciate guerre 😉 ) .
    Il 99,9 % delle persone usa la parola artista come se dicesse panettiere,idraulico e usa termini tipo ” è “. Credo personalmente che la forma corretta non sia questa,dire “lui è ” sembra quasi che si abbia la verità in tasca quando non la si ha.
    Io non so cosa sia un artista e non so neppure definire la parola arte (non citatemi il dizionario o wikipedia per favore ),posso solo condividere un mio pensiero sull’argomento sull’argomento (che è e rimane un mio pensiero ,tutto li ).
    Arte è un concetto che cambia da persona a persona,per esempio per Toscani il fotografo non è artista,Gardin la pensa uguale (se guardate interviste e leggete qualcosa di questi due fotografi avrete conferma di quello che scrivo).
    Benassi ricorda molto lo “stile” (se così posso chiamarlo) di Terry Richardson e quindi mi viene in mente un pensiero: se si copia da qualcun’altro (non dico che Benassi abbia copiato ,magari si è ispirato) si può definire arte?
    Personalmente la parola arte ed artista non le uso perchè non so cosa sia l’arte e non voglio parlare di questioni che non conosco (non è una critica verso nessuno intendiamoci).Voglio fare un altro esempio:le immagini di Richardson non mi piacciono perchè sono lontane dal mio modo di vedere e di conseguenza anche le immagini di Benassi non mi piacciono e sono lontane dal mio modo di vedere,comunque sia abbiamo bisogno davvero di essere etichettati con qualche termine potente?Personalmente se mi etichettano in qualche maniera non mi piace perchè io non sono quello che “produco” (qualunque cosa io produca chiaramente).

  12. Paolo

    Ovvero: come voler far dire ad una foto ciò che non dice e non trasmette (per me stava andando a buttare la spazzatura, senza differenziare, ed è stato colto in fallo da un condomino con l’iphone…).
    Che poi un ritratto “debba” essere ciò che viene descritto è come voler dare le coordinate centimetriche per dipingere un capolavoro.
    Ma d’altra parte, ne do atto, hai precisato che è solo un opinione.
    Un ritratto può essere molte cose; non “deve” essere alcunché.

  13. Alessandro

    @Christian.
    Stando a Duchamp l’arte è ciò che l’artista ritiene tale.

    Non volendo usare il termine “artista”, diciamo che è ciò che chi la produce ritiene tale….

  14. christian

    @alessandro,premettendo che non ho letto niente di Duchamp,scritto così come è ora non voglio e non posso risponderti in modo adeguato (non per qualche motivo strano,semplicemente non so il contesto del pensiero di Duchamp e non vorrei dire baggianate 🙂 ) .
    Se rispondessi ora senza avere conoscenze di quello che dico non potrei fare un commento ne costruttivo ne di piacevole conversazione ma solo un commento con valutazione istintiva.
    Ti risponderei in modo adeguato se conoscessi il quadro in cui è inserito il pensiero di Duchamp,allora,in quel caso potrei dare una risposta conscia 🙂

  15. antonio

    Merda, ci siamo giocati ThorimbeRT.
    Dopo il coglionaro Benedusi è toccato a lui.
    Non sarà che chi gli sta vicino cominci all’improvviso a fare foto di merda?
    Thorimbert mi piaceva…

  16. Matteo Oriani

    @ Calibano e Antonio: è proprio necessario usare parole volgari? Troppo difficile esprimere un giudizio in modo più elegante e pacato? Sarebbe sicuramente più costruttivo per tutti.

  17. vittorio

    Il ritratto e’ un bel ritratto,di stampo classico,di chi si vede che ha studiato,un po’ Arbus,un po’ Avedon,con l’aggiunta del proprio vissuto dell’autore,perche’ ogni ritratto contiene l’autore,sempre.
    Quello che non funziona e ‘ cio’ che dice Benedusi,che si regge da solo,in effetti si regge benissimo da solo,(per altri motivi)solo che per sostenere il racconto di Benedusi avrebbe bisogno di una stampella didascalica ,tipo “Benassi ripreso da Thorimbert,in partenza per un viaggio di lavoro”
    Senza questa premessa letterariabnon puo’ partire la caccia a tutti gli elementi annunciati da Benedusi.
    La mia personalissima lettura e’ di un Benassi a proprio agio davanti all’obbiettivo (segno evidente di empatia col fotografo) di grande scazzataggine (le ciabatte sono un must del Benassi) ed anche un po’ punk lo e’,in definitiva uno che ha studiato,masticato e poi sputato tutto quello che riguarda regole e regolette,e lo fa’ con la naturalezza dell’artista.

  18. Daniele

    Benedusi dice che un ritratto deve (cito: raccontare della persona ritratta, dovrebbe raccontare del fotografo e infine, dovrebbe raccontare del giudizio che il fotografo ha della persona ritratta)
    A me pare che Thorimbert, semplicemente dica che un ritratto deve raccontare quel “minuto” passato dal fotografo assieme al soggetto! Cosa ne uscirà dipenderà dalla “qualità” di quel minuto.
    Io guardando lo scatto vedo una persona in ciabatte con un sacchetto di plastica in mano.
    Poi Benedusi me lo spiega ed allora diventa UN RITRATTO …
    Mah … ma Thorimbert che cosa avrà veramente voluto fare? Io credo un seplice scatto ricordo con l’Iphone.

  19. Mitia Dedoni

    Ciao Settimio,
    vieni a Viareggio e ti faccio conoscere una platea enorme di personaggi alla Benassi senza dover cedere alla tentazione di fotografarli in bianco e nero, con iphone o qualunque altro metodo di ripresa.
    I pipponi da forumetto direi che abbiano fatto il loro tempo…salvo usarli diversamente per aumentare il numero dei commenti.

    Ciao

  20. robertosani

    Quando osservo una fotografia il mio sguardo corre alla didascalia , possono viaggiare disgiunte ma assieme fanno nuovo senso , almeno quello che piace a me , c’è infatti necessità didascalica per la dimensione terza che racchiude
    e definisce il contesto .

  21. Paco68

    Faccio sempre parte di coloro che credono che una foto sia come una barzelletta: se la devi spiegare, vuol dire che è venuta male.

  22. Stefano

    Ho sempre vissuto la convinzione che se si usano troppe parole per spiegare una fotografia, vuol dire che questa non ha sufficiente forza comunicativa e, anche se ho trovato interessante il tuo post, alla fine rimango di questa idea.
    Ti propongo io un esercizio: supponiamo che la fotografia venga accompagnata da tre didascalie:

    1) Ritratto di Benassi
    2) Ritratto di Benassi – Artista Anarchico
    3) Ritratto di Benassi – così come lo hai descritto tu ecc…

    Quale sarebbe il tuo giudizio oggettivo sulla foto nei tre casi? Cambia? Secondo me si.

  23. Photoniko

    Salve a tutti.
    Ho osservato diverse volte il ritratto proposto da Settimio, in diversi momenti con e senza la lettura di alcuni dei commenti che avete lasciato. A parte concordare pienamente con l’autore per quanto riguarda l’educazione dei post, mi schiero anche io tra coloro che non riescono ad apprezzare tale scatto o che, quanto meno, non riescono ad attribuire qual valore “superiore” o “assoluto” che Settimio scrive.
    Ho una cultura classica della fotografia un po’ scarsa, lo ammetto. E’ un limite lo so. Ma ho avuto la stessa impressione diverse volte, presenziando a presentazioni di lavori di altri Fotografi ( altri oltre Benedusi, non oltre a me, giusto per capirci ) e spesso, i lavori hanno acquisito un senso solo dopo dettagliate e profonde spiegazioni. Alcune volte il fotografo narrava di una dimensione introspettiva del suo lavoro…. tutta questa introspettività, questa cripticità magari non rischia di essere molto limitativa e di impedire “agli altri” di capire il significato delle opere? Alcune volte non può essere solo una scusa per una cosa “venuta male”?

    Buona luce a tutti!!!!

  24. settimio

    accetto TUTTO. l’ignoranza presuntuosa, il vuoto cosmico, il nulla assoluto. va bene. li accetto.
    ma BUONA LUCE no! scusa ma quello proprio non posso accettarlo!!!!
    😉

  25. vittorio

    AGGIORNAMENTO:
    ecco, per l’appunto: questo ritratto e questo mio post erano, nelle mie intenzioni, proprio l’occasione non solo di parlare di RITRATTO ma anche e soprattutto il ribadire che la Fotografia è un linguaggio e come tale debba avere dei precisi strumenti di “decriptazione”.
    La famosa frase “la fotografia è come una barzelletta…” non è giusta o sbagliata, va inserita in un contesto.
    Di una cosa sono certissimo: essendo la Fotografia un linguaggio ha bisogno di strumenti per essere capita.
    La più bella poesia giapponese a noi sembra una massa di segni e nulla più.
    Purtroppo mentre nel linguaggio scritto è evidente che servano strumenti di comprensione (nessuno direbbe: questa poesia giapponese non mi piace) nella fotografia c’è l’illusione che sia facile e di altrettanta facile comprensione: NON è così.
    Anche perchè poi ci si limita al MI PIACE/NON MI PIACE: e sapete cosa?!? Quando ci si limita al MI PIACE senza capire e comprendere il linguaggio e la struttura profonda delle cose ciò che piace è sempre tutto ciò che è superficiale, inutile, scontato e, in fondo, brutto.
    Le cose profonde vanno SEMPRE spiegate per essere capite.

    Di una cosa sono certissimo,quanto scritto sopra pur contenedo alcune verita’ di sicuro non e’la verita’ assoluta,anzi trovo l’assunto molto pericoloso ,in quanto si crea delle porte aperte a presunti artistoidi che PRETENDONO di essere capiti,del genere “io sono IO e voi non siete un ca##o”, e con cio’ si potrebbe tranquillamente parlare di arti visive in generale sostenendo tutto e contemporaneamente il contrario senza alcun dubbio di smentita.
    Ora visto che sie’ tirato in ballo lo Zio Anselmo (Ansel Adam) con l’aforisma :
    “Ho sempre pensato che la fotografia sia come una barzelletta: se la devi spiegare non è venuta bene.” Esso diceva anche a proposito di una fotografia:
    “Non ci sono regole per una buona foto, ci sono solo buone fotografie.”
    “Non c’è niente di peggio di un’immagine nitida di un concetto sfuocato.”
    Il tutto per ribadire che soprattutto l’ultima tua frase “Le cose profonde vanno SEMPRE spiegate per essere capite.” Cozza parecchio con il ritratto di Thorimbert,perche’ bastava leggere il post originle dell’autore per capire benissimo il ritratto di Benassi ,invece tu l’hai estrapolato dal suo normale contesto per immolarlo su un piedistallo e farne una lezione di fotografia, oltretutto ribadendo concetti che da piu’ parri hanno trovato astrusi,ma tu convintissimo delle tue certezze non solo non hai voluto ascoltare,ma addirittura ribadire con forza il tuo metodo UNIVOCO di

  26. Photoniko

    Azzo avete ragione…. dopo il “buona luce” mi si è fulminato il flash. Che porti sfiga davvero????
    Scherzi a parte, siete permalosi. Molto. 😛
    Me ne torno a fare foto.

    Buona giornata a tutti e buona fortuna! (questo si può dire senza urtare la vostra sensibilità?????)

  27. settimio

    @photoniko: la storia dell’augurio di “buona luce” mi sta proprio sul culo non per questioni scaramantiche ma perché fa intendere che la Fotografia sia questione di andare in giro e trovare una “buona luce” e quella sia la chiave di volta del tutto. ma cosa me ne frega a me della buona luce!!! niente! ma proprio nulla! le fotografie migliori che ho scattato le ho realizzate con le peggiori condizioni di luce! bisogna rischiare, fotografare con la pioggia, con il vento e con il grigio. mollare gli ormeggi del porto sicuro per navigare nella tempesta: lì ci sono le occasioni migliori.
    e fanculo la buona luce! io voglio la peggiore luce del mondo!

  28. christian

    Pace e amore ! perchè discutere su una questione che dovrebbe unire?una birra in compagna e tutto va bene 😉

  29. vittorio

    Comunque Photoniko ha augurato “buona luce” e non “bella luce”!
    Una buona luce s’intende una luce funzionale al messaggio,quella che in qualsiasi situazione fotografica tu ti trova , permette d’esprimere il concetto che si aveva in mente in modo esatto,potrebbe essere una luce ficochissima come una abbagliante dipende dalla situazione,perche’ comunque la fotografia e’ scrittura con la luce,senza di quella niente scrittura…

    Un po’ come dire bella foto e buona foto……differenze grammaticali minime,ma sostanzialmente da un punto di vista espressivo enormi.

  30. damiano

    Per chi non fotografa come chi raccoglie bacche, per chi molla gli ormeggi insomma:
    -In culo al fotone!

  31. Roberto Manetta

    …”le fotografie migliori che ho scattato le ho realizzate con le peggiori condizioni di luce! bisogna rischiare, fotografare con la pioggia, con il vento e con il grigio. mollare gli ormeggi del porto sicuro per navigare nella tempesta: lì ci sono le occasioni migliori”…
    Mi scusi,Sign Benedusi,ma lei è quello che “appiccica” il cielo nuvoloso di Milano su fotografie scattate alle Maldive ?
    🙂
    Certo è che “osservare” la luce ormai non serve piu’ a un caxxo..come dice lei..tanto dopo c’è Monsieur Adobe che aggiusta tutto… 🙂

  32. davide marcesini

    raramente sono in d’accordo col Benedusi, anzi quasi mai. E’ il tono che non mi piace, da guru che non vuol fare il guru però “vieta” fras banali i dopo aver sopportato insulti volgari…questa voglia di essere sempre oltre…di non essere banali…i geni sono pochi e atteggiarsi non serve. Detto questo: Benassi e Thorimbert sono grandissimi, la foto è uno spettacolo ( e in questo sono d’accordo con Benedusi) perché racconta una valanga di cose, e il fotografo deve avere il coraggio, la sicurezza di pubblicare il contenuto e non la confezione: intendo non contrastare, mascherare,tirare fuori tutto perché già c’è tutto, al di là della semplicità ( o posa studiatissima, così tanto da non riuscire a riconoscerla? ho sempre il dubbio) di Benassi…lo sguardo, intenso e quasi spaurito, interrogativo, così diverso dalla sfrontata aggressività di parole e comportamenti di Benassi. Non ci capisco un tubo ma mi piace un sacco. certo poi che su ogni immagine si può dire tutto e il contrario di tutto e sono in quasi totale disaccordo col fatto che le immagini non vadano “didascalizzate”…anzi

  33. KdM

    Tutto qui?
    Eh no, vi prego! Riuscite a farla un filo più lunga parlando del niente che devo tirare le 17 e non so come fare?
    Grazie.

  34. il Puma

    Diciamo che Settimio vede cose che non ci sono. E l’esegesi della foto é una burla. Che poi Settimio a me ricorda molto “uno che fa le foto” più che un fotografo. Ma magari mi sbaglio.
    Il Puma [classe 1965, analogico “forever” in Fotografia come in Audio]

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