DAVIDE & GOLIA

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Come probabilmente saprete, due settimane fa c’è stata la mia lectio magistralis alla Triennale di Milano, a cura dell’AFIP.

Mi sono veramente molto divertito!

Qui un piccolo clip, realizzato da Franco Russo, del gran finale dove abbiamo ballato sulle note finali dell’amatissimo :

Nel blog dell’AFIP c’è un resoconto filmato e fotografico dell’evento, con la registrazione dello streaming e una pillola autoriale ottimamente curata da Martino Migli.

Grazie veramente a tutti coloro (tantissimi!) che hanno voluto onorarmi della loro presenza, grazie all’AFIP, grazie alla CNA, grazie a tutti coloro che davanti e dietro le quinte hanno lavorato per rendere una semplice conferenza addirittura uno spettacolo e grazie soprattutto a quella persona meravigliosa e generosa che è Giovanni Gastel: GRAZIE!

Grazie anche al Corriere della Sera che il sabato successivo ha voluto citarmi:

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E grazie anche ad Alessia Glaviano, la photo editor di Vogue, che ha voluto onorarmi della sua attenzione scrivendo un post su di me e sulla mia conferenza: probabilmente si è sentita presa in causa dall’ultimo quarto d’ora del mio speach.

Evidentemente l’argomento è interessante e vivo, dato che il suo post ha avuto una quantità di commenti e di condivisioni che mi sono sembrate ampiamente superiori alla media.

Alessia Glaviano è sicuramente una persona colta che conosce bene l’argomento di cui parla, la fotografia. Mi sembra quindi bizzarro che inizi il suo post, a sostegno dei fotografi italiani che lavorano per Vogue, con una fotografia di Mario Sorrenti, che mi pare difficile poter definire italiano essendo andato a vivere e a lavorare in America all’età di 10 anni! Non è questione di essere leghisti o non leghisti (!) ma solo che Mario Sorrenti non è italiano: nel caso così fosse acquisteremmo un grande fotografo ma perderemmo un grandissimo scrittore (il cubano Italo Calvino?!?), un grandissimo artista (l’argentino Lucio Fontana?!?) e pure un grandissimo cantautore (il tedesco Vinicio Capossela?!?)

Ho trovato anche bizzarro che vengano mischiati redazionali con publiredazionali: chiunque lavori in questo settore sa benissimo essere due cose MOLTO diverse. (tra l’altro, udite udite, i publiredazionali per Vogue li ho fatti pure io).

Alessia prosegue poi con colte citazioni (Guy Debord!) e virtuosismi dialettici, che, pensate un po’, mi trovano pure d’accordo.

Probabilmente però tutta questa discussione è un peccato che si svolga, venga seguita e commentata solo attraverso dei blog: si potrebbe prendere spunto per sedersi ad un tavolo (da Forma?) per risolvere e capire meglio i termini della questione.

Sarebbe prezioso che seduti in questo tavolo ci fossero anche (nel caso non fossero definitivamente colpiti dalla Sindrome di Stoccolma) le agenzie di modelli, gli studi, le agenzie di fotografi, i ritoccatori, insomma tutti i lavoratori che hanno visto finire il paese della moda (l’Italia?!?!) agli estremi confini dell’impero e quindi in una crisi lavorativa senza limiti.

In questa ipotetica tavola rotonda io porterei una sola, precisa e semplice domanda, alla cui risposta Alessia Glaviano può pensare per venire preparata e “giustificata”:

DAL 1989 (24 ANNI!) AD OGGI QUANTI REDAZIONALI MODA SONO STATI REALIZZATI DA FOTOGRAFI ITALIANI PER LA RIVISTA VOGUE ITALIA? [/it]

 

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as some of you might know, two weeks ago there was my lectio magistralis at the Triennale in Milan, curated by the AFIP.

I really enjoyed myself!

here is a little clip, made by franco russo, of the grand finale where we danced to the final notes of the beloved :

 

 

on the blog of the AFIP there is a filmed and photographed report of the event, with the recording of the live stream and an authorial pill excellently curated by martino migli.

thank you so much to all those (so many!) who have honoured me with their presence, thanks to the AFIP, thanks to the CNA, thanks to all those in front and behind the scenes who worked to make a simple conference a show and a special thanks to the wonderful and generous person who is giovanni gastel: THANK YOU!

thanks also to the Corriere della Sera that featured me the following saturday:

 

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and thanks also to Alessia Glaviano, the photo editor of Vogue, who wanted to honour me with her attention by writing a post about me and my conference: probably because she felt taken in the last quarter of an hour of my speech.

clearly the topic is interesting and alive, since her post has ahd a lot of comments and shares that seemed to me well and above the average.

alessia glavianois definitely a well-read person who knows the topic mentioned, photography. it seems to me then bizarre that she begins her post, in support of italian photographers who work for vogue, with a photograph of Mario Sorrenti, that I find difficult to define italian having gone to live and work in america at the age of 10! it is not a question of being left-winged or right-winged (!) but only that mario sorrenti is not italian: if that were the case we might acquire a great photographer but we would loose a great writer (the cuban Italo Calvino?!?) and also the great artist (the argentine Lucio Fontana?!?).

I also found it odd that they mixed editorials with advertorials: anyone who works in this field knows very well that they are two VERY different things. (amongst other thing, hear ye hear ye, I have also done advertorials for vogue).

alessia continues with knowledgeable quotes (guy debord!) and dialectical virtuosities, which, well, I found to agree as well.

probably it is a shame that this whole debate takes place, is followed and commented only through blogs: one could take a cue to sit at a table (at Forma?) to solve and better understand the issues at stake.

it would be valuable that at this table there were also (in case they were not permanently affected by The Stockholm Syndrome) the model agencies, the studios, the photographer’s agencies, the retouchers, in short all the workers that have watched as the fashion contry (italy?!?!) end up at the edge of the empire and plummet into a work crisis without limits.

in this hypothetical round table I would bring only one, precise and simple question, to which answer alessia glaviano can think and come prepared and “justified”:

SINCE 1989 (24 YEARS!) TO TODAY HOW MANY FASHION EDITORIALS WERE MADE BY ITALIAN PHOTOGRAPHERS FOR THE ITALIAN VOGUE MAGAZINE? [/en]

 

 

16 risposte

  1. Giorgio Benni

    quando vado fuori Italia mi chiedono sempre del Bunga Bunga ed è umiliante.
    In un museo a Londra poche settimane fa un custode dopo che mi ero fatto dieci ore filate di foto cambiando set ad ogni sala mi ha detto “anche voi Italiani lavorate “. Non ho neanche risposto.

  2. Herbert

    L’Italia è un paese strano: abbiamo cultura, conoscenze, immaginanazione, fantasia … abbiamo tutto, ma non siamo capaci di “vendere” l’Italia. Pensa solo a Renzo Piano, non volgio discutere la sua bravura: costruisce in tutto il mondo, rimaniamo a bocca aperta guardando le sue opere, ma se deve costruire in Italia ci creiamo mille problemi. Siamo, tutti, ipocriti, cerchiamo sempre il nostro tornaconto; è più forte di noi. Vouge Italia è un esempio: l’esterofilia piace, anche se chi scrive, chi fotografa … chi fa qualunque cosa, la fa male! Però è estero e piace. E’ più forte di noi. Quando vai all’estero e incontri un personaggio famoso, ti fermi e fai due chiacchiere, in Italia sembrano degli dei in terra … è più forte di noi. Diamo spazio ai giovani, ai chi vuole fare veramente, non diamo sempre e solo spazio ai soliti. Proviamo, testiamo …. noi Italiani siamo bravi ci manca solo la voglia di “arrabbiarci” di più.

  3. Marco

    il blog di Settimio Benedusi …per gli addetti ai lavori sarebbe da leggere tutti i giorni 😉 …bravo Settimio, speriamo che Denis Curti abbia letto la tua richiesta, e che si possa fare una tavola rotonda allo spazio Forma in merito agli argomenti citati sia alla lexio Afip che sul tuo blog ! Big hug M.Monteriso

  4. roberto tomesani

    Credo che esistano strade diverse, che portano in luoghi diversi, e lo fanno con percorsi e panorami differenti.

    Questo non significa necessariamente che una strada sia in se’ sbagliata, ma solo che sia – appunto – diversa, sia nelle finalità che nel percorso.
    a) Vogue diretto da Franca Sozzani dal 1988 segue una sua linea, che oggettivamente non favorisce la fotografia italiana, ma le assegna una “dimensione” orientativamente proporzionale alla superficie abitata. Il mondo è molto più grande dell’Italia, e l’attenzione nei confronti della fotografia è globale, non correlata alla nazione in cui la testata Vogue Italia nasce.
    Probabilmente, questa scelta non sfrutta appieno la credibilità del “nome” italiano; la moda internazionale ha attori (gli stilisti) di provenienza italiana in rapporto più che proporzionale; siamo un Paese piccolo, ma una quota molto significativa di “firme” di impatto planetario ha matrice italiana. Vogue Italia ha scelto di non cavalcare questo potenziale, scegliendo di non supportare il made in Italy fotografico. E’ una scelta discutibile (e infatti la si discute), ma è una scelta; ed ha prodotto un effetto: la testata “funziona” a livello planetario, e sul panorama italiano “tiene” meglio della stragrande maggioranza dei periodici, in contrazione verticale. Vedi: http://www.audipress.it/dati.html
    La cifra stilistica voluta dalla direzione e preservata da Alessia Glaviano mantiene una sua eburnea identità, piuttosto noncurante di “cos’altro” potrebbe essere. Non lo vuole.
    Quindi?
    b) L’attività di Settimio Benedusi ha conosciuto un’affermazione ed un consolidamento di popolarità da manuale. Attivissimo e lucidamente cosciente dei meccanismi della comunicazione, la crescita professionale di Settimio non è stata casuale, ma curata con attenzione e vitalità. A partire da quando la maggior parte dei colleghi balbettava qualche presenza statica in Rete, Settimo curava con dedizione un suo blog; la maggioranza delle persone non aveva nemmeno idea di cosa fosse un blog, e Benedusi lo utilizzava con metodo per condividere e ottenere visibilità. La cifra stilistica di Settimio è diretta e semplice, popolare o “pop”, spesso con un primo, semplice ed unico livello di lettura. Ma il suo “mix” di scanzonata provocazione, di un linguaggio diretto e ficcante, e di un’immagine dai contorni netti e marcati gli è valsa un’affermazione professionale incontestabile. La sua strada è una scelta; discutibile (ed infatti la si discute), ma ha prodotto un effetto: la sua professione funziona.
    Se non utilizzasse questo modo – sia visivo che semantico – di comunicare, sarebbe un’altra cosa. Ma Settimio non vuole essere una cosa differente.
    Quindi?

    Cosa intendo dire, con ciò?
    Che esistono vie diverse, che – poiché portano in posti differenti – possono sembrare sbagliate, se non si vuole andare li’ dove quella strada porta.
    Se tutto il mondo fotografico si comportasse e comunicasse come Benedusi, sarebbe un vero guaio.
    Se tutto il panorama editoriale seguisse pedissequamente il taglio di Vogue, ci inaridiremmo.
    Invece, esistono modi di percepire diversi, modi di porsi diversi, e – oserei dire – anche verità diverse.
    Vogue ha scelto di non essere il paladino della fotografia italiana. Ha scelto un gusto cosmopolita, forse anche esterofilo, ma certamente eccezionalmente funzionale.
    Benedusi ha scelto una modalità comunicativa a tinte fluorescenti, certo non pastellate. E’ inviso in certi ambienti, adorato in altri, ma certamente ha il suo senso.
    Credo che alla tavola rotonda ipotizzata, i due personaggi “del giorno” potrebbero parlare per ore – motivatamente – come anche solo 10 secondi a testa.
    Alessia Glaviano potrebbe tranquillamente ammettere: “Amiamo lo stile di Maisel, e scegliamo di non usare molti italiani, certo. E con ciò?”
    Settimo Benedusi potrebbe tranquillamente ammettere: “Uso la mia capacità comunicativa per ottenere risultati maggiori rispetto a quelli che otterrei con la sola fotografia. E con ciò?”

    …. adoro questo Mondo…!
    Grazie alla vita!

  5. lucia

    La domanda sarebbe meglio porla direttamente alla signora Sozza-ni no?Vogue è da parecchi anni una minestra riscaldata e stantia.
    Vogue uomo si salvava un pochino.
    La comunicazione attraverso l’immagine deve trovare nuove vie.
    Buon lavoro

  6. diego

    Buon giorno sig. Benedussi.
    Ho messo una foto sua scattata ieri sera a Milano, siccome non riesco a trovare una mail dove contattarla le scrivo nel blog.
    Se vuole vedere l’immagine mi scriva all’indirizzo che le ho lasciato e le indicherò il link.
    Rileggendo quello che ho scritto sembra quasi una mail minatoria…….
    Buona giornata
    DIEGO

  7. Alexis

    x Roberto Tomesani: la tua posizione, però, mi sembra francamente paracula, per tenerti buona sia la Glaviano sia Benedusi. E per carità, vista la tua carica ci starebbe pure, ma il problema è che si tratta di una questione dove NON è possibile stare con i piedi in entrambe le scarpe. Perché si fa SOLO la figura dei paraculi. Poi l’esempio della proporzionalità su scala mondiale la trovo un po’ debole. Sarebbe valida se ci fosse un solo Vogue, mentre si sta parlando di Vogue Italia. Non entro nel merito della questione perché non ne ho le competenze, ma il discorso va ridimensionato sulla base di questa considerazione.

  8. Luca

    Ciao Settimio,
    vorrei esporre brevemente un commento alle parole di Tomesani, che esprimono a mio avviso una lettura intelligente della questione. Non apprezzo invece che tiri le conclusioni di una tavola rotonda prima ancora che questa avvenga.
    Però invitano ad un considereazioe: questo possibile confronto non diventi uno scontro tra due posizioni arroccate, ma un dialogo aperto per continuare a parlare di fotografia, comunicare, ascoltare e cercare di capire…. un po’ come sono le serate dell’AFIP in Triennale.
    Trovo che sia una cosa molto positiva e interessante continuare a parlare di fotografia e non di Settimio, Alessia o Franca…
    A me piacerebbe molto assistere ad una serata così.

  9. settimio

    @roberto:
    “Uso la mia capacità comunicativa per ottenere risultati maggiori rispetto a quelli che otterrei con la sola fotografia. E con ciò?”

    😉

  10. roberto tomesani

    @ Alexis
    … eppure non e’ cosi’, Alexis.
    Hai ragione, certo: per la posizione in cui mi ritrovo, ho molte volte voluto assumere posizioni “da paraculo”; e’, vero, in certi casi per necessita’ diplomatica si fa, e l’ho fatto, certamente.
    Ma in questo caso, quello che ho scritto e’ esattamente quel che penso. E, in tutta sincerita’, penso anche che sia giusto.
    Non e’ vero, Alexis, che una posizione per essere “forte” debba dividere il nero dal bianco, dare un torto o una ragione.
    Piu’ si vedono cose – piu’ si invecchia, e giovane non sono – e piu’ si diventa capaci di riconoscere lo Ying e Yang della vita. Anche nella professione.
    Il bianco che abbraccia il nero, e che non e’ tutto bianco, perche’ contiene un puntino di nero. Ed il nero che abbraccia il bianco, contenendo anche un puntino di questo.
    Quando capita che il “vero” non sia monolitico, ma sfumato, la vera posizione “forte” non e’ schierarsi per evitare di fare, come scrivi, la “figura dei paraculi”.
    Non mi interessa di “sembrare” paraculo: penso sinceramente che esista senso in una posizione (con il suo senso) e anche nell’altra.
    Mi schiero – e chi mi conosce anche poco lo sa – quando ritengo esistano situazioni apertamente sbagliate, e dichiaratamente contrapposte ad una soluzione giusta.
    Ma nel caso descritto in questo post, mi schiero con il possibilismo, mi schiero con la percezione delle diverse idee.
    Sono realmente convinto della co-esistenza – in questo come in moltissimi altri casi – di porzioni di verita’, che vanno viste, conosciute, riconosciute, dette ed apprezzate, senza colorare una delle vie di una tinta unita, per sembrare “forti”.
    E non mi interessa se “faccio la figura” del paraculo. Perche’, in cambio di una figura di opportunista, so di dire la verita’, una verita’ che – soggettivamente – ritengo saggia.

  11. Tommi con la i

    Perchè non diciamo anche che ci sono maestri con la emme maiuscola come Juergen Teller, Paolo Roversi. E chi se ne frega se sono italiani o meno. Sulle riviste prima guardo le foto e poi chi le ha fatte.

  12. Paolo Ranzani

    Ok, avete ragione tutti e tutti abbiamo torto,…ma…sarebbe interessante un incontro,… anche solo per il gusto di ascoltare una risposta o per la curiosità che venga formulata una controdomanda…. :
    “DAL 1989 (24 ANNI!) AD OGGI QUANTI REDAZIONALI MODA SONO STATI REALIZZATI DA FOTOGRAFI ITALIANI PER LA RIVISTA VOGUE ITALIA?”

    .. e di conseguenza : “Quanti redazionali moda sono stati realizzati da fotografi non Italiani?”

    Giusto per avere un numero, sarà stupido ma mi piace l’idea di avere dei numeri da paragonare.

  13. oscar malara

    Bene. Ho aspettato più di un mese. Ora basta. Più di un mese fa scrissi sul blog di Alessia Glavano un mio intervento, un intervento fatto di dubbi e domande, ne a favore del qui presente Benedusi ne contrario. Ho scritto sul blog linkiesta di alessia perchè lo seguo e mi piace e mai avrei pensato di essere censurato. Come sapete dopo aver scritto sul blog passa: un po di tempo prima che venga “accettato dall’admin o chi per lui e confermato”. ho aspettato e l’ho pure riscritto per sicurezza. ma non è mai apparso. Questo lo trovo disdicevole e volgare. Quindi lo vengo a pubblicare qui dove, a quanto ho capito non c’è censura, almeno spero. Spero anche che qualcuno lo vada a dire ad Alessia, mi spiace davvero, avevo molta stima, ma questa cosa mi ha deluso, un po come quando Miss Sozzani non ha voluto rispondere alle domande di REPORTdi un po’ di anni fa e anche PAOLO ROVERSI si celò dietro l’avvocato. Che delusione. In questa Italia se si dice che il RE è NUDO vieni preso per demente o per sfigato, questi atteggiamenti dediti al nascondersi non fanno altro che rinvigorire le tesi di Benedusi, che, non me ne voglia, non mi è simpaticissimo ma almeno è platealmente sincero nel suo essere egocentrico. EVVIVA! Il post che scrissi su LINKIESTA era questo: Io non capisco. Stimo molto Alessia ma purtroppo non capisco questo commento/critica a Benedusi, che non conosco molto ma che seguo con interesse. Io sono stato alla lezione alla triennale e credo che Alessia fosse presente, forse le hanno raccontato la serata omettendo qualcosa o forse non è stata compresa. Non so. Già il titolo era chiaro “Come si diventa un grande fotografo senza esserlo”. Poi Settimio si è presentato vestito da PINOCCHIO. Icona di facile intuizione. Ha esordito dicendo “io non sono un fotografo di moda, non lo so neanche io cosa sono”, ha continuato “Non so cosa centri io con fotografi come SCIANNA BERENGO e GASTEL”, ha ammesso “forse sono qui più che altro perchè in tempi non sospetti, oltre 10anni fa, ho messo su un blog”…” ..forse ho detto cose scomode..forse sono diventano popolare per le cose che scrivo”. Alla fine, quando ha fatto la sua arringa sulla fotografia italiana, non si è messo in mezzo dicendo “perche non chiamano me a fare vogue?”… ha citato GASTEL, TOSCANI, THORIMBERT,…che voglio dire…. sono dei Signori Fotografi che non vediamo sulle pagine di vogue. Inoltre Benedusi non ha detto che nessun fotografo italiano lavori nella moda di alto livello. Ha detto e dimostrato che la maggior parte di editoriali moda , quelli veri, li fanno gli stranieri, quindi il punto è il numero enorme di stranieri rispetto a quelli italiani. Ha mostrato che vengono chiamati fotografi oltralpe anche per dei semplici still life su fondo bianco di prodotto di cosmesi. Decisamente assurdo. Quindi quello a cui Alessia dovrebbe rispondere non è quanti fotografi italiani lavorino per la Condè Nast, ma perché ci sia una enormità di non italiani. Questo è il punto. La differenza, bisogna ammetterlo è imbarazzante. E poi perchè vengano chiamati stranieri anche per degli still life? Si possono negare un sacco di cose ma dire che l’Italia non è esterofila è una strana bugia facilmente riscontrabile. Ricordo che anche REPORT fece una puntata su questo argomento e la Sozzani negò l’intervista e Paolo Roversi, dopo averla concessa la ritirò clamorosamente. Insomma, qualcosa da non dire è stato evidente. Perciò, cosa ha detto di strano Benedusi? Forse lo ha fatto in modo molto “naif”, roboante come suo solito, ma non ha cercato di apparire come il più grande fotografo del mondo e comunque è l’unico Italiano ad aver fatto per Io capisco e comprendo che ci siano personaggi come Steven Meisel, caspita, ci devono essere, sono valori di cui si puo’ fregiare la Condè Nast, non vorei mai una rivista solo di Italiani. Però si pesca davvero poco nelle nostre riserve e questo non permette di far crescere, un po’ come nel calcio o nel cinema, sempre gli stessi e meglio se stranieri, vedi anche le modelle che fanno da vallette a San Remo. L’Italia è esterofila. Ci vorrebbe equilibrio, come fanno in Francia che curano moltissimo i loro professionisti, quasi fino al razzismo, giusto per esagerare con i termini. Perciò capisco la necessità di avere i vip stranieri, sono contento che ci sia un manipolo di Italiani… ma non capisco la minoranza di forze italiane. Come se in un film Italiano si chiamasse De Niro e Servillo …ma poi tutti gli attori minori e comparse fossero prese oltre i confini, sarebbe da pazzi e controproducente. Un’ ultima cosa, per fare un esempio che accade costantemente e che rappresenta il dislivello di committenza. Una rivista ha mandato Belen e fidanzato in california per fare un servizio (per’altro banale) con Douglas Kirkland che non mi sembra sia il THE BEST del momento, solo di spese circa 20mila euro (!!!) poi la stessa rivista chiama un italiano a fare un ritratto ad uno stilista per lo stesso numero del giornale e gli dice “Guarda, non ci sono molti soldi, sai la crisi, ti bastano 300 euro?”. Se l’editoria italiana sta morendo è anche colpa di una gestione folle delle risorse e di scelte sbagliate. Qualcuno deve ammetterlo prima o poi.”

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