STEFANO MORTARI ADV

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Quando vengo definito “fotografo di moda” vivo questa definizione con un certo imbarazzo. Per un semplice motivo: non mi sento tale. Ho fatto e faccio tantissima fotografia di moda, ma per essere veramente un fotografo di moda penso si debbano avere delle caratteristiche, delle passioni e delle conoscenze che a me sono in gran parte estranee.

Mi interessa poco la moda e ancora meno mi interessano i meccanismi (vedi ad esempio il tema del consenso, o quello del conformismo) che sono alla sua base. Ma mi interessa moltissimo la storia del costume, con le sue letture e variabili. Ad esempio un tema verso il quale amerei porre la mia attenzione di fotografo è quello delle uniformi: un punto di vista interessantissimo e privilegiato per raccontare la storia dell’umanità e le sue evoluzioni.

Per chi desiderasse approfondire questi argomenti al di là dei “COOL!!! ADORO!!! TOOOOOP!!!” consiglio di leggere un testo fondamentale: LE OSCILLAZIONI DEL GUSTO, del grande Gillo Dorfles. Forse dovrei rileggerlo pure io, perché l’ho letto 30 anni fa…

Comunque, la Fotografia di Moda dicevamo. Una cosa complicata. Che NON è, ovviamente, fotografare un vestito su una modella. E’ qualcosa di MOLTO più complesso e articolato. Quando viene chiesto a me di occuparmene, per cataloghi o redazionali, ammetto che il mio approccio è spesso orientato a uno sviluppo progettuale dove la moda non è al primo posto: proprio per questo mi è difficile definirmi fotografo di moda.

Diciamo che mi piace usare l’abbigliamento per raccontare altre storie, che attraverso esso riescono ad essere raccontate (e comunque, badate bene, assolutamente sempre in maniera coerente con la moda che fotografo, ovviamente).

Mi sto incartando nei ragionamenti? Mi seguite?

Ok, semplifico molto: quando fotografo la moda cerco di raccontare delle storie che l’aderenza coerente dei vestiti che fotografo mi suggerisce di raccontare. Chiaro? No forse no. Facciamo una cosa, abbandoniamo tutto ‘sto inutile preambolo e veniamo al lavoro realizzato per lo stilista Stefano Mortari.

Mi piace molto Stefano, non solo perché è una bella persona con una bella energia, ma anche perché ha un approccio alla moda forse un po’ simile al mio, dove si bada alla qualità progettuale e stilistica, ad di là dei vari “COOL!!!! ADORO!!! TOOOOP!!! ” Penso di non sbagliare definendo quello che fa (che è veramente bellissimo, a scanso di equivoci) come fantasia e creatività portata nella realtà e concretezza.

Quando quindi mi ha chiesto di fotografare la sua nuova collezione ho pensato di fare una cosa: fotografare tutti i capi due volte (idee cretine che mi vengono: lavoro raddoppiato!), la prima volta a colori e con il flash, chiedendo alla modella di posare da modella e fare la modella la seconda volta in bianco e nero cercando di farle un ritratto, il più vero e naturale possibile. Insomma, da un lato il personaggio, dall’altro la persona.

Da un lato il colore (la realtà) dall’altro lato il bianco e nero (la verità).

Questo il risultato:

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Un dettaglio dal backstage. Magari uno si immagina chissà quali diavolerie, su un mio set. Però io ho sempre un’idea molto precisa in testa, che non mi interessa come viene ottenuta. Bado sempre di più al risultato, rispetto a come quel risultato viene ottenuto. Mi interessa il cosa, piuttosto che il come. 

Questo è il fondale per i ritratti in bianco e nero, illuminati solo da una finestra:

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Collezione spring summer 2017 Stefano Mortari

Hair Daniele Falzone per Battaglia

Make-up Rocco Santamorena per Battaglia

Stylist Gianna Greco assistita da Stella Romoli

Models Nathalie Nyrèn e Vilma  Hellström @Next Models 

5 risposte

  1. Antonio

    Ciao Settimio,
    disponendo su una colonna sola i vari “ADORO”, “TOP”, “COOL”… devo “dire tra le righe” che questo lavoro mi piace davvero tanto. Tanto, davvero. L’idea poi è meravigliosa, nella sua semplicità.
    Ciao

  2. Riccardo

    Il reggifondale è un capolavoro di bricolage che manco Muciaccia… 😛 😛 😛

  3. Alessandro Bianchi

    lo trovo in servizio veramente attuale e centrato, inteso come obiettivo raggiunto in pieno, ma i tagli stretti in b/n mi sembrano molto più efficaci anche per rappresentare un brand di abbigliamento o uno stile.
    Non sarà che anche nella moda serva più verità che realtà?
    Non sarà che è la verità che rende concreto il senso di realtà?
    Poi che tutto ciò venga percepito solo da “palati raffinati” che conoscono un certo linguaggio o che arrivi anche alle masse non so dirlo, l’unica certezza è che sono concetti che fanno da guida a noi fotografi che cerchiamo di dare un senso al nostro lavoro.
    Quindi fosse anche solo per questo valgono oro!

  4. Cristian

    Anche se con intento diverso, nel mio piccolo ambito da fotoamatore, sto portando avanti un progetto simile (se vorrai darci un occhio è qui: https://www.behance.net/gallery/42599727/The-White-Wall ma non è per questo che scrivo), con amiche e “modelline”, e devo dire che fare un ritratto alla “persona” soprattutto per quanto riguarda le modelline, è difficile perché tendono comunque a posare. E temo che un po’ anche nei tuoi ritratti B/N questo succeda, insomma anche quei bellissimi ritratti, sono foto di moda.

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